171 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Ma la maestra ha detto al piccolo Matteo che “petaloso” non esiste?

Al di là del suo gusto personale, la maestra Aurora si è ricordata di dire al suo alunno di 8 anni che prima di poterla semplificare la sua lingua deve conoscerla?
A cura di Andrea Parrella
171 CONDIVISIONI
Immagine

Quel detto che fa "impara l'arte e mettila da parte", potrebbe essere un punto di partenza interessante per capire la storia di petaloso, parola inventata da un bambino di 8 anni. La parola nasce e si evolve nel tempo ed è insindacabile quanto l'Accademia della Crusca ha detto in risposta al piccolo Matteo del termine appena inventato: una parola non diventa tale per volere di qualcuno, lo diventa perché qualcuno la usa e l'uso di essa si propaga, fino a legittimarne l'esistenza. E' un principio sacrosanto della linguistica (e non solo di questa scienza), che si limita ad osservare senza mai sconfinare nella lezione impartita. Il succo è che non esiste una ragione logica per la quale un termine nasca, non c'è un tizio in veste ufficiale che sottolinei le carenze del vocabolario e commissioni a qualche esperto il compito di trovare la parola che sintetizzi quel dato concetto.

L'argomentazione dell'Accademia della Crusca su "petaloso" ci fa intuire come buona parte delle parole che utilizziamo, soprattutto gli aggettivi, siano il frutto di un errore, o per dirlo linguisticamente, di una semplificazione. In fondo, ci comportiamo così con tutti i fenomeni, compresi quelli culturali: petaloso diventerà una parola formalmente corretta così come Uomini e Donne e Il Grande Fratello sono diventati programmi "normali" semplicemente perché esistiti, per forza di abitudine, perché la storia, dopo un po', deve arrendersi all'esistenza del brutto e, pur di non assumersene la responsabilità, lo veste di nostalgia. In fondo, perché negarlo, le ambientazioni umbratili, cupe e torbide della Germania dell'est ai tempi della DDR sortiscono un certo fascino su di me.

Senza voler essere iper-critici, mettiamola in questo modo: il piccolo Matteo, nel dare sfogo alla fantasia ha fatto valere tutto il suo sacrosanto diritto all'infanzia e all'innocenza e, vivaddio, ha ricordato che l'approccio smaliziato verso le cose del mondo sia la perdita più grave un uomo adulto possa registrare nella propria vita. Ma resta che quella parola, petaloso, Matteo l'ha usata probabilmente per noia, per aggirare un ostacolo e non per affrontarlo e, solo successivamente, superarlo. Prima del sorprendente e tanto magnificato atto di fantasia, l'uso di petaloso è l'uso di una parola inesistente (a dire errore un linguista si arrabbierebbe), l'arte che si mette da parte prima di essere imparata, lo stravolgimento di una regola che prima di essere stravolta dovrebbe essere conosciuta. Ecco, la domanda sorge spontanea: prima di inviare la lettera all'Accademia della Crusca, la maestra Margherita Aurora lo ha detto al piccolo Matteo che "petaloso" non esiste e che prima di semplificare la sua lingua dovrebbe conoscerla?

Un grande acrobata di parole come Sandro Ciotti, che i termini li inventava per esigenza, per semplificare ed abbreviare le sue cronache sportive, spiegava così la coniazione della parola "traversone":

Se io per dire traversone debbo prima spiegare che si tratta di un passaggio molto lungo, effettuato dalla fascia laterale verso il centro dell'aria nemica, possibilmente a parabola in modo che spiova sulla testa del compagno meglio smarcato, ci metto cinque minuti. Dicendo traversone, rendo l'idea.

171 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views