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Londra gli rifiuta l’asilo: si suicida interprete dell’esercito inglese in Afghanistan

Era fuggito dal suo paese sotto la minaccia dei talebani, ma la Gran Bretagna gli ha sbarrato le porte in virtù di una rigorosa applicazione delle norme sull’immigrazione. Al 29enne, infatti, erano state già prese le impronte in Italia, dove quindi, secondo il regolamento di Dublino, avrebbe dovuto chiedere protezione.
A cura di C. T.
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Era stato l'interprete dell'esercito britannico in Afghanistan per tre anni. Poi, minacciato di morte dai talebani, aveva deciso di lasciare il paese e di chiedere asilo in Gran Bretagna. Ma, in virtù della rigida applicazione delle norme internazionali sull'immigrazione, gli è stata negata la protezione. Per questo motivo Nangyalai Dawoodzai, ventinove anni, si è suicidato. La notizia è riportata dai media britannici.

Il ragazzo, dopo aver assolto al suo compito da intrprete "con onore", come secondo il DailyMail si legge nelle note di merito, ha visto rigettarsi la domanda d'asilo presentata in Inghilterra. Dawoodzai era arrivato in Italia dalla Turchia, e successivamente aveva tentato l'ingresso nel Regno Unito. Nel nostro paese, però, gli erano state prese le impronte digitali. Secondo il regolamento di Dublino, i migranti possono chiedere asilo nel primo paese in cui vengono registrati: il ragazzo è stato quindi rimandato indietro in Italia. Vedendosi sbarrare le porte, il ventinovenne si è suicidato. Lord Paddy Ashdown, esponente liberaldemocratico che si era occupato della storia del giovane e di tutti gli altri interpreti, ha duramente accusato il governo. La morte di Dawoodzai sarebbe risultato della "vergognosa politica" dell'esecutivo, che "disonora il servizio reso da queste persone". Un simile rifiuto si era già verificato nel caso di altri tre interpreti dell'esercito britannico, che sono stati respinti dalla Gran Bretagna dopo essere arrivati in Ungheria, Austria e Bulgaria.

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