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L’Italia è sempre più vecchia: presto non ci saranno abbastanza lavoratori per pagare le pensioni

Nel suo rapporto annuale, l’Istat ha fornito una fotografia del Paese in cui vengono sottolineati aspetti economici e sociali del presente che andranno a influenzare anche lo scenario futuro. In particolare, il lieve miglioramento economico di inizio 2019 resta comunque un dato fragile che non scongiura la probabilità che il Pil torni a scendere. A livello sociale, invece, si avverte sull’invecchiamento della popolazione, una tendenza che in Italia potrebbe avere serie conseguenze sulla forza lavoro.
A cura di Annalisa Girardi
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Il presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo, ha presentato oggi presso la sala Regina di palazzo Montecitorio il rapporto annuale dell'Istituto nazionale di statistica per il 2019, che fotografa la situazione ad oggi del Paese. Il documento cerca di ricostruire attraverso i dati il quadro italiano degli ultimi 12 mesi, sullo sfondo del decennio passato: non manca però lo sguardo al futuro, per cui viene anticipato un possibile scenario sulla base degli elementi attuali. Il rapporto affronta lo sviluppo recente dell'economia e della società italiana, valuta la questione delle tendenze demografiche ed esamina le risorse del Paese, sia naturali che produttive.

L'economia: i rischi del 2019

"Le recenti previsioni Istat per l’economia italiana stimano, per il 2019, un ulteriore rallentamento della crescita": c'è un reale rischio che il Pil torni a scendere e i dati pubblicati mensilmente indicano che la fase di debolezza è destinata a proseguire. Nonostante il lieve recupero registrato ad inizio anno sia un dato confortante, afferma il documento, questo appare comunque fragile per cui la probabilità di contrazione "è relativamente elevata". In generale, la salute economica mondiale, lo scorso anno, ha sofferto per una serie di fattori negativi come la guerra dei dazi fra Stati Uniti e Cina o la Brexit. Sebbene il rallentamento abbia interessato tutte le principali economie, la decelerazione italiana è stata più brusca. Lo scorso anno, la produzione industriale nel Paese ha registrato un significativo rallentamento: in media i livelli sono comunque leggermente cresciuti, ma ai primi mesi di quest'anno l'indice di fiducia delle imprese italiane ha comunque mantenuto un'intonazione negativa.

Nel 2018 l'Italia ha proseguito la sua azione per riequilibrare i conti pubblici, ma i progressi "non sono stati sufficienti ad arrestare la dinamica del debito, la cui incidenza sul Pil nominale è salita al 132,2 per cento, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al 2017 e ben al di sopra della media dell’area euro". Il settore privato, afferma il documento, mostra una condizione finanziaria meno vulnerabili rispetto alla pubblica amministrazione, per cui il debito delle famiglie e società risulta inferiore alla media dei Paesi dell'eurozona. La ricchezza delle famiglie, inoltre, è pari ad otto volte il reddito disponibile, in un rapporto ben più elevato rispetto al resto dell'area euro. Il mercato del lavoro, segnala poi il rapporto, ha risentito solo in parte del rallentamento economico, per cui l'occupazione ha continuato a crescere, una tendenza che nei primi mesi del 2019 ha continuato ad essere positiva, tornando ai livelli pre-crisi. Il tasso di disoccupazione invece segue in diminuzione, ad un'intensità maggiore rispetto all'anno precedente. Tuttavia, sebbene il livello sia sceso al di sotto dell'11%, rimane comunque fra i più alti in Europa.

Lo scenario demografico

"Tra gli aspetti che hanno influenzato l’andamento economico italiano dell’ultimo decennio, i fattori socio-demografici hanno rivestito un ruolo rilevante", si legge nel rapporto, che conferma le dinamiche da tempo in atto. Fra queste, due elementi fondamentali e incisivi sono rappresentati dal calo delle nascite e dall'invecchiamento della popolazione. Anche in questo caso, sebbene sia una tendenza che si nota in tutta Europa, nel nostro Paese si starebbe affermando con maggiore velocità e in modo più consolidato. A gennaio 2017,  l’Italia contende al Giappone il record di invecchiamento a livello mondiale: 165 persone di 65 anni e più ogni 100 giovani con meno di 15 anni per l’Italia e 210 per il Giappone.

Gli ultrasessantacinquenni sono quindi destinati ad aumentare sul totale della popolazione, con conseguenze importanti sulla forza lavoro, che si vedrà così drasticamente diminuita. "Questi cambiamenti, in assenza di significative misure di contrasto, potrebbero determinare ricadute negative sul potenziale di crescita economica, con impatti rilevanti sull’organizzazione dei processi produttivi e sulla struttura e la qualità del capitale umano disponibile; non mancherebbero altresì di influenzare la consistenza e la composizione dei consumi delle famiglie, con il rischio di agire da freno alla domanda di beni e servizi. L’accentuarsi dell’invecchiamento demografico comporterebbe, inoltre, effetti significativi sul livello e sulla struttura della spesa per il welfare, con pensioni e sanità decisamente in prima linea". Il report pone quindi la domanda su come assicurare un'assistenza dignitosa agli anziani fra vent'anni, considerando che potrebbero aumentare di 5 milioni.

Allo stesso tempo, si prevede che diminuirà la popolazione residente, una dinamiche che è già in atto dal 2015 ed è destinata a continuare in futuro. Dai 60,4 milioni del 2019 si passerà ai 58,2 milioni nel 2050. Tenendo conto anche dell'invecchiamento demografico, il dato comporta che ci siano oltre 6 milioni di persone in meno nella popolazione in età da lavoro. Non va ignorato quindi l'apporto della popolazione straniera, sottolinea il rapporto: la crescita demografica degli ultimi vent'anni è avvenuta esclusivamente grazie a questo contributo. "Va comunque preso atto che il contributo dell’immigrazione alla crescita e alla vitalità demografica del nostro Paese è andato via via ridimensionandosi sia per effetto della contrazione dei flussi e della trasformazione dei motivi di ingresso sia a seguito di comportamenti riproduttivi sempre meno dinamici. Diminuiscono infatti gli stranieri che scelgono l’Italia per realizzare un progetto migratorio di permanenza stabile, mentre aumentano i flussi di ingresso per motivi dettati dall’emergenza, come nel caso dei richiedenti asilo e protezione umanitaria". Con queste premesse, riflette il documento, viene da chiedersi se siamo (e saremo) un popolo che guarda avanti e investe sul futuro, o se dobbiamo sentirci destinati a mantenere il presente. L'orientamento verso una possibilità o l'altra, afferma il testo, dipenderà unicamente dalla nostra capacità di saper costruire sviluppo.

L'eterogeneità della realtà italiana

L’Italia è,  come ben sappiamo, una realtà composita, eterogenea, bellissima e contraddittoria. È una terra ricca di tesori di arte e di bellezza, che ospita un popolo cui sono universalmente riconosciuti, e ben testimoniati dalla Storia, ingegno e creatività. Ma è altresì una nazione ricca di problemi irrisolti, talvolta a seguito di alcune eredità , una per tutti quella del tema ricorrente circa il debito pubblico", conclude il rapporto. Perché l'Italia, si legge, riesca a valorizzare le sue risorse, che sono indiscusse, e a rispondere ai bisogni dei cittadini, occorre che via sia un grande lavoro da parte di tutto lo Stato nelle sue stratificazioni: "dei cittadini, delle istituzioni, della stessa comunità scientifica di cui l’Istat è un membro attivo e riconosciuto".

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