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L’incubo di Amira in Libano: “Molestie sessuali continue, ho paura di essere violentata”

In Libano, le giovani profughe siriane vivono con la paura di essere violentate. Per evitare il pericolo di subire abusi sessuali o sequestri, i genitori preferiscono non far uscire di casa le loro figlie o le danno in sposa quando sono ancora delle bambine. E’ quanto emerge da un rapporto pubblicato dalla Ong Plan International in vista della Giornata mondiale del Rifugiato che si celebra il 20 giugno.
A cura di Mirko Bellis
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Le giovani profughe siriane in Libano subiscono ogni giorno abusi e molestie sessuali (Plan International)
Le giovani profughe siriane in Libano subiscono ogni giorno abusi e molestie sessuali (Plan International)

“Sono troppo spaventata per uscire da sola. Ci sono sempre un sacco di uomini ubriachi che ci molestano e anche quelli che non lo sono ci importunano lo stesso”. E’ la testimonianza di Amira (nome di fantasia), una siriana di 18 anni rifugiata in Libano. Amira vive a Bourj El Barajneh, un sobborgo a sud della capitale Beirut, dove dal 1948 sorge un enorme campo per 18mila profughi. Come lei, sono molte le giovani siriane e palestinesi che ogni giorno soffrono abusi, minacce e molestie sessuali di ogni tipo. E’ quanto emerge da un rapporto pubblicato da Plan international, una Ong impegnata nella tutela dei diritti dell'infanzia in 50 Paesi in via di sviluppo.

Più della metà delle 400 giovani rifugiate in Libano ha raccontato di essere stata vittima di violenze fisiche e sessuali, abusi emotivi o verbali. “Mi sento al sicuro solo con i miei genitori, con nessun altro. Ho paura a rimanere da sola”, racconta una ragazza di 13 anni. Vive a Bourj Hammoud, un comune a nord-est di Beirut che ospita circa 19mila siriani. Quasi il 70 per cento delle ragazze, di età compresa tra i 10 e i 19 anni, ha riferito di sentirsi in pericolo quando era da sola durante il giorno. Mentre la quasi totalità ha dichiarato di temere per la propria sicurezza di notte.

Per evitare il rischio di subire violenze sessuali o sequestri, i genitori preferiscono non far uscire di casa le loro figlie, aumentando così il loro isolamento dal resto della popolazione. “Vivo rinchiusa perché i miei non mi permettono di uscire – assicura una 14enne – mentre mio fratello può andare dove vuole. Se mi lamento, mio padre mi risponde: ʻChe c’entra? Lui è un ragazzoʼ”. “Tutto ciò ha delle conseguenze sulla loro scolarizzazione, sull'accesso all'assistenza sanitaria – sottolinea il rapporto – e aumenta il senso di solitudine e l’infelicità”.  “In poche vanno a scuola – dichiara Colin Lee, il direttore di Plan International per il Medio Oriente – e molte riferiscono di sentirsi emarginate a causa delle severe restrizioni imposte dai genitori”. Tra le giovani profughe, inoltre, i matrimoni precoci stanno diventando la norma. “Conosco alcune ragazze che sono state obbligate a lasciare la scuola per sposarsi – afferma una siriana di 13 anni che vive a Bourj El Barajneh. “Le mie amiche sono tutte sposate e hanno già dei figli”.

Il Libano ospita il maggior numero di rifugiati pro capite al mondo. Nel Paese dei Cedri sono circa 1,5 milioni i profughi siriani, di cui quasi un milione quelli censiti dalle Nazioni Unite. Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), solo a Beirut hanno trovato riparo quasi 240mila persone in fuga dalla guerra nella vicina Siria. Una convivenza che non sempre è così semplice. “Il Libano – precisa il rapporto – ha dimostrato ospitalità nell'accogliere grandi popolazioni di rifugiati, tuttavia, possono sorgere tensioni con le comunità locali che convivono con questi gruppi in aree sovraffollate”. Le giovani siriane, infatti, devono subire anche ogni genere di discriminazione. “Quando camminiamo in strada ci additano – riferisce una 17enne – e parlano alle nostre spalle. Non capisco perché fanno differenza tra libanesi e siriani”, si chiede la ragazza. Una disparità di trattamento vissuta anche dalle palestinesi. “Ci siamo sentiti discriminati rispetto agli altri studenti”, continua una giovane del campo profughi di Shatila. “Quando capiscono che siamo palestinesi ci deridono”.

Nonostante tutto, le rifugiate siriane e palestinesi sono ottimiste e determinate a costruirsi un futuro. "Molte ragazze hanno espresso il desiderio di diventare avvocato, medico o ingegnere – aggiunge Lee – ma l’aspetto più sorprendente è che credono che attraverso l’educazione possano migliorare non solo sé stesse ma anche la loro comunità e la società in generale”.

Il rapporto della Ong è stato lanciato in vista della Giornata mondiale del Rifugiato che si celebra il prossimo 20 giugno. Plan international ha invitato le Nazioni Unite, il governo e la società civile libanese ad agire per sostenere le giovani profughe. “Dobbiamo aiutare le ragazze a realizzare i loro sogni, dobbiamo permettere loro di ottenere un'istruzione – conclude Lee – e dobbiamo permettergli di vivere liberamente senza le attuali restrizioni che stanno avendo un impatto così devastante sulla loro vita”.

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