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Lecce, voti in cambio di case popolari: decine di indagati, ci sono anche politici

Un’inchiesta su voti ottenuti in cambio di case popolari ha portato a Lecce all’arresto di ex amministratori comunali, di consiglieri comunali, alcuni dei quali ancora in carica, e dirigenti del Comune. Sono 46 le persone indagate, tutte a vario titolo accusate per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, abuso d’ufficio e falso ideologico.
A cura di Susanna Picone
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Ci sono ex amministratori comunali, consiglieri comunali (alcuni dei quali ancora in carica), dirigenti del Comune di Lecce tra le persone che sono state arrestate nelle ultime ore dai militari della Guardia di Finanza. Gli arresti sono stati richiesti dai Pm Massimiliano Carducci e Roberta Licci. I finanzieri del comando provinciale di Lecce hanno eseguito un'ordinanza di misura cautelare nei confronti di 9 persone (di cui due in carcere, cinque agli arresti domiciliari e due con obblighi di dimora) e in totale sono 46 le persone indagate, tutte a vario titolo accusate per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, abuso d'ufficio e falso ideologico. Avrebbero preso voti in cambio di case popolari. L'ipotesi di reato formulata dai magistrati ha accertato l'assegnazione indebita di alloggi di edilizia residenziale pubblica in favore di persone non collocate in graduatoria in posizione utile, l'occupazione abusiva di alloggi resisi disponibili per l'assegnazione e l'accesso illegittimo a forme di sanatoria di cui alla legge regionale 10 del 2014 concesse in assenza dei requisiti richiesti.

Nell’elenco degli indagati che non sono stati raggiunti da alcun provvedimento restrittivo compare anche il nome del senatore leccese della Lega Roberto Marti. Dal 2004 al 2014 Marti è stato assessore a Lecce ai Servizi sociali, ai progetti mirati e alle pari opportunità. Il reato contestato è abuso d'ufficio e falso ideologico.

Secondo quanto scrive il Quotidiano di Puglia, nel corso delle indagini sono emersi diversi particolari che hanno dato origine a nuovi filoni d'inchiesta. Uno riguarda la frenetica attività di alcuni indagati per fare in modo che un alloggio tolto dall'Antimafia a un boss della malavita locale venisse assegnato al fratello dello stesso boss. A quanto pare gli indagati avevano messo a punto un sistema per tenere sotto controllo il "serbatoio dei voti" che ogni beneficiario degli alloggi poteva mettere a disposizione.

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