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Le mani della ‘ndrangheta sul business dei canili: sette arresti nel Reggino

In manette uomini delle famiglie di ‘ndrangheta ma anche dirigenti pubblici del servizio veterinario locale e proprietari di canili. La accuse sono di estorsione, illecita concorrenza con minaccia e violenza e con l’aggravante del metodo mafioso, truffa aggravata e intestazione fittizia di beni.
A cura di Antonio Palma
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La ‘ndrangheta calabrese aveva messo gli occhi e le mani anche su canili e rifugi per animali e, attraverso minacce, estorsioni e corruzione, aveva imposto la sua supremazia anche in questo settore con l'obiettivo di fare affari sulla pelle dei cuccioli. È quanto hanno scoperto gli uomini della Squadra mobile di Reggio Calabria e del Commissariato di Bovalino nell'ambito di una complessa inchiesta denominata Happy Dog che nella mattinata di giovedì ha portato all‘arresto di sette persone e al sequestro di alcuni centri per animali. In manette sono finiti esponenti della famiglia di ‘ndrangheta Zagari-Fazzalari-Viola, di Taurianova (Reggio Calabria), dei Marando di Platì ma anche titolari di canili, funzionari pubblici del servizio veterinario locale e rappresentanti di associazioni animaliste locali.

Le accuse a vario titolo sono di tentata estorsione, illecita concorrenza con minaccia e violenza e con l’aggravante del metodo mafioso, truffa aggravata e intestazione fittizia di beni. In particolare gli inquirenti, guidati dalla procura distrettuale, avrebbero accertato l'infiltrazione nel settore canino degli interessi di persone ritenute vicine alla cosca Zagari-Fazzalari-Viola della ‘ndrangheta, con conseguente condizionamento degli appalti indetti dal Comune di Taurianova per l'assegnazione dei servizi di custodia e assistenza nei canili privati. Nel tentativo di superare gli impedimenti derivanti dalle interdittive antimafia disposte dalla Prefettura di Reggio Calabria, erano comuni le intestazione fittizia di beni al fine di partecipare ad alcune gare di appalto di canili.

Gli accertamenti investigativi  inoltre hanno permesso di portare alla luce anche presunte condotte intimidatorie ed estorsive ai danni di un imprenditore del settore  che in precedenza si era aggiudicato un appalto. Nel dettaglio, come riferisce in un comunicato la Questura di Reggio Calabria,  si è cercato di colpire l'uomo "attraverso campagne mediatiche e denigratorie, con il coinvolgimento di trasmissioni televisive locali e nazionali, realizzate con il concorso di funzionari pubblici infedeli, che ponevano in essere comportamenti ostruzionistici nell'esercizio delle loro funzioni in danno della vittima, ed esponenti locali di associazioni animaliste".  Proprio l'imprenditore, fortemente vessato da richieste estorsive messe in atto dalle persone coinvolte nell'operazione a partire già dal 2014, ha collaborato con gli investigatori della Polizia di Stato per smascherare gli illeciti nell'ambito degli appalti

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