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Opinioni

Le banche italiane investono, all’estero

Banche italiane e operatori del risparmio gestito come Azimut stanno iniziando una campagni acquisti all’estero che potrebbe essere il prodomo di un ritorno al finanziamento delle nostre aziende migliori. La ripresa sta lentamente mettendo le radici?
A cura di Luca Spoldi
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Se generalmente il “made in Italy” piace a tal punto all’estero che non si contano più i marchi e le aziende italiane, specie nel settore moda-lusso, acquistate da concorrenti (o investitori finanziari) cinesi, francesi, indiani, tedeschi o statunitensi, c’è almeno un settore che sembra aver intrapreso con decisione la strada di un’internalizzazione “a guida italiana”: quello finanziario. Se per ora la situazione dei bilanci delle banche italiane non consente di prevedere nuovi matrimoni “oltre frontiera” come quello che nel 2005, dunque prima della “grande crisi” del 2008, portò Unicredit a rilevare HVB- HypoVereinsBank (seconda banca retail e sesta banca privata tedesca) e la sua controllata BA-CA Bank Austria Creditanstalt (principale istituto austriaco), o prima ancora Bank Pekao (seconda banca commerciale polacca), a muoversi da qualche tempo sono gli intermediari del risparmio gestito.

Quando si parla di risparmio gestito occorre infatti capire che a causa dei rilevanti oneri amministrativi e dei costi legali, questa attività, di per sé molto remunerativa, è in grado di rivelarsi fruttuosa solo per importanti volumi (che stanno nel tempo crescendo sempre di più) di patrimonio in gestione. Le prime mosse in questi anni sono state fatte da gruppi come Azimut: nel 2013 vennero rilevate partecipazioni in società a Taiwan (il 51% di An Ping Investment), in Brasile (il 50% di Legan e di FuturaInvest), a Singapore (il 55% di Athenaeum), l’anno successivo si passò a Turchia (il 70% di Notus e il restante 40% di Az Global Portfoy Yonetimi, società partecipata dal gruppo italiano fin dal 2011), Messico (l’ 82,14% di Más Fondos ) e Australia (il 93% di Next Generation Advisory). Quest’anno infine sono già state siglate intese per rilevare il 50% della brasiliana LFI Investimentos e il 70% della turca Bosphorus.

Se il gruppo guidato da Pietro Giuliani punta con decisione sui mercati emergenti (ma non dimentica l’Italia, con l’acquisizione sempre in questi anni, del controllo di Augustum Opus Sim e Futurimpresa Sgr), i maggiori operatori italiani, il gruppo Intesa Sanpaolo (cui fa capo Banca Fideuram) e il gruppo Unicredit (controllante di Pioneer) sono rimasti a lungo a guardare, ma ora stanno iniziando a muovere le loro pedine sul mercato europeo. La società guidata da Carlo Messina, già ora la più capitalizzata tra le banche italiane, sembra voler chiudere prima la pratica della cessione delle attività di private equity al gruppo statunitense Neuberger Berman. A breve dovrebbe essere annunciato l’acquisto da parte del gruppo Usa per 100 milioni di euro delle quote sottoscritte da Intesa Snapaolo in vari fondi di private equity come Clessidra, Carlyle, Apax e Cinven, che secondo le indiscrezioni circolate verranno apportate un nuovo fondo chiamato Nb Renaissance Partners.

Nel fondo, che dovrebbe avere un patrimonio complessivo di 600 milioni di euro, verrebbero versati 500 milioni suddivisi in parti uguali (250 milioni a testa) direttamente Intesa Sanpaolo e da Neuberger Berman, dopo di che il fondo dovrebbe comprare a sua volta un altro veicolo finanziario a cui verrebbero preventivamente girate una ventina di partecipazioni in Pmi italiane come Yamamay, Esaote, Novamont, Guala e Rina, per un investimento di circa 300 milioni di euro. Ultimata questa “pulizia” Intesa Sanpaolo punterebbe a rilevare un gruppo operante nel risparmio gestito in un paese a rating sovrano “tripla A” (dunque in Gran Bretagna, Danimarca, Germania, Lussemburgo, Lichtestain, Norvegia, Svezia o Svizzera).

Intesa Sanpaolo dovrebbe però essere bruciata sul tempo da Unicredit, da tempo in trattativa col Banco Santander per procedere ad un’integrazione delle rispettive attività di risparmio gestito. Secondo quanto riportato oggi dall’agenzia Reuters sarebbe questione “di giorni, se non di ore” perla firma ufficiale dell’accordo che prevederebbe che Pioneer Investments, controllato da Unicredit, si integri con Santander Asset Management tramite la costituzione di una holding controllata da Unicredit al 50%, mentre il rimanente 50% farebbe capo a Warburg Pincus e General Atlantic, due fondi di private equity che già partecipano a Santander Asset Management. A tale holding farebbe capo, secondo fonti citate da Reuters, il 100% di Pioneer Usa e i due terzi di una subholding in cui confluiranno le attività di Santander Asset Management e quelle di Pioneer nel resto del mondo. Al Banco Santander farebbe invece capo il restante terzo della subholding.

In questo modo nascerebbe un gruppo con circa 400 miliardi di euro di masse in gestione, fra i primi dieci in Europa e i primi trenta nel mondo: decisamente una mossa non “difensiva, ma l’opposto” come aveva anticipato ieri l’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni. Una volta siglato l’accordo a livello societario resterebbero peraltro da redigere i contratti e i patti parasociali, fatto che porta a prevedere finalizzazione definitiva dell’operazione nel secondo semestre. Insomma: mentre gli operatori di medie dimensioni sembrano guardare ai mercati emergenti in termini di crescita prospettica, le grandi banche hanno capito che non si può vivere solo di “carry trade” e sfruttare la liquidità a costo quasi zero erogata generosamente dalla Bce per incassare qualche milione di interessi investendola in titoli di stato (i cui tassi sono del resto sempre più schiacciati attorno, quando non sotto, lo zero) e iniziano a “comprare” patrimoni sui quali è ancora possibile ottenere buone marginalità. Il passo successivo dovrebbe essere quello di finanziare aziende piccole, medie e grandi, possibilmente in Italia oltre che all’estero. Che la ripresa stia, molto lentamente, mettendo le sue radici?

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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