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Processo sulla morte di Stefano Cucchi

La ricerca della verità per Cucchi e la perseveranza di Ilaria, che non si è arresa mai

“Stefano apparve in sogno al mio migliore amico, missionario. A lui disse: di’ a mia sorella che sto bene adesso. Dille che probabilmente non saprà mai quello che è capitato e non avrà mai giustizia per la mia morte. Però dille di andare avanti, perché quello che farà per me servirà a tanti altri. Non capimmo il significato di quelle parole. Oggi lo comprendo perfettamente. Ma aggiungo: magari Stefano si sbagliava, forse la giustizia arriverà anche per lui”.
A cura di Gaia Bozza
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Foto Roberto Monaldo / LaPresse
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Per la morte di Stefano Cucchi la Cassazione ha deciso: il processo è da rifare per cinque medici dell'ospedale Pertini di Roma; l'accusa, nell'appello-bis,  è omicidio colposo. Un esito, questo, che fa il paio con l'inchiesta-bis aperta dalla Procura di Roma: sotto accusa  i carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Francesco Tedesco indagati per lesioni aggravate e per falsa testimonianza altri due carabinieri, Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini. Davanti a questo spiraglio Ilaria Cucchi, che in questi sei lunghi anni non si è mai arresa guidata da una volontà colma di composto dolore, parla di un nuovo inizio. "Guardiamo avanti, si apre una pagina nuova – dice a Fanpage.it poco dopo la sentenza –  Finalmente non siamo soli a chiedere verità e giustizia. Quello che mi aspetto è che chi sa parli dopo 6 lunghi anni, finalmente". Con la sentenza della Cassazione sono state accolte le richieste del Procuratore generale della Cassazione Nello Rossi, che aveva chiesto ai giudici della Quinta sezione penale della Suprema Corte di non far calare una "pietra tombale" sulle cause della morte di Stefano Cucchi e annullare le assoluzioni dei cinque medici dell’ospedale Pertini, accusati di omicidio colposo: il Pg, nella sua requisitoria, aveva fatto notare che Stefano doveva essere custodito dallo Stato e invece è stato oggetto di gravi violenze per poi morire in un ospedale dove è stata violata la sua dignità.

Poi c'è l'aspetto dell'inchiesta-bis aperta dalla Procura di Roma, che Ilaria chiama "la vera svolta". "Quella di verità – racconta – Io finalmente leggo nelle accuse il ‘violentissimo pestaggio'. La domanda sorge spontanea: durante quel processo in Corte d'Assise che mi è costato tanta fatica, ho sentito più volte consulenti della Procura, persone pagate con i soldi dei cittadini, parlare di caduta". E' la ormai tristemente famosa ‘caduta dalle scale' di Stefano Cucchi. "Oggi abbiamo elementi nuovi, siamo di fronte a una verità diversa – continua – Qualcuno risponderà mai di quelle responsabilità?". Poi un passaggio, estremamente doloroso, sulle parole pronunciate dai carabinieri – e dalla ex moglie di uno di essi – accusati del pestaggio a Stefano: "E' stato orribile conoscere quelle parole – racconta Ilaria – Quelle persone che ancora ne ridono e raccontano come si sono divertiti a pestare mio fratello; mio fratello era esile, era alto un metro e 60 ed era più magro di me. Quale divertimento si può trarre in tutto questo? Chi sa perché ha taciuto per sei anni?". 

Ma ora è il tempo della speranza per Ilaria, che non si è arresa mai: "Il mio sentimento è un sentimento di speranza e fiducia nella Procura di Roma che finalmente è al nostro fianco. La mia famiglia ed io non ci siamo mai arresi; ho incontrato un avvocato, Fabio Anselmo, che non ha mai smesso di crederci. E adesso con il dottor Pignatone (procuratore della Repubblica di Roma, ndr) qualcosa si sta muovendo. E allora oggi guardo mio fratello, virtualmente, e vedo che mi sorride". E' il tempo della speranza ma anche il tempo della lotta, ancora: "I medici sono sicuramente responsabili della morte di Stefano – afferma Fabio Anselmo, legale della famiglia". E poi rincara: "Ora aspettiamo i carabinieri a processo per omicidio". E sull'inchiesta-bis che coinvolge i carabinieri, Anselmo è netto: "Evolverà in un processo per omicidio, ne sono sicuro. Sono inorridito per quanto si sono detti i carabinieri. E' inaccettabile che degli appartenenti all'Arma dicano quello che hanno detto, facciano quello che hanno fatto. Devono essere processati".

Poi Ilaria racconta un sogno, che un suo caro amico ebbe pochi giorni dopo la morte di Stefano: "Lui apparve in sogno al mio migliore amico, missionario. A lui disse: dì a mia sorella che sto bene adesso, dove mi trovo. Dille che probabilmente non saprà mai quello che è capitato e non avrà mai giustizia per la mia morte. Però dille di andare avanti, perché quello che farà per me servirà a tanti altri. Non capimmo il significato di quelle parole. Oggi lo comprendo perfettamente. Ma aggiungo: magari Stefano si sbagliava, forse la giustizia arriverà anche per lui". Ieri la sentenza della Cassazione ha reso meno impervio il percorso di verità e giustizia che Ilaria, la sua famiglia, il suo avvocato cercano da sei anni. La strada fatta fino a qui ha messo la parola fine a quell'infame bugia della "caduta dalle scale" del povero Stefano. Ma ieri ricorreva un triste anniversario: la morte di Giuseppe Pinelli, "caduto dalla finestra" della Questura di Milano il 15 Dicembre 1969, una morte di Stato sulla quale regna il silenzio da 46 anni.

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