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La proposta di Di Maio: “I partiti dicano chi finanzia le loro fondazioni”

Il vicepremier Luigi Di Maio propone un tetto di 10mila euro alle donazioni e l’obbligo di rendere pubblici i bilanci e i nomi dei finanziatori dei partiti e delle fondazioni collegate. Concorda il capo dell’Anticorruzione Cantone, che suggerisce di ispirarsi agli obblighi di trasparenza previsti per le società quotate in Borsa.
A cura di Giorgio Tabani
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Un massimo di 10mila euro per le donazioni e l’obbligo di rendere completamente accessibili i bilanci e la lista completa dei finanziatori di partiti e fondazioni legate alla politica. Questa sarebbe la proposta del vice-presidente del Consiglio Luigi Di Maio e del Movimento 5 Stelle per riordinare e rendere trasparente il finanziamento della politica, secondo il "Corriere della Sera". La riforma, che sarà firmata probabilmente dallo stesso Di Maio e dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, dovrebbe essere presentata questa settimana e prevederebbe anche effetti retroattivi, estendendo i nuovi obblighi alle ultime due legislature. Verrebbe quindi creato un database, dipendente dal ministero della Giustizia o dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), per raccogliere tutti i dati e renderli pubblici e facilmente accessibili. Torna anche ad affacciarsi il cosiddetto "politometro", vecchio cavallo di battaglia del fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, un sistema per valutare, attraverso un algoritmo, l'eventuale arricchimento illegittimo dei politici e dei funzionari pubblici dall’atto della loro nomina nell’arco degli ultimi vent’anni. In ogni caso, la proposta non sarebbe che l'ennesimo intervento nel giro di pochi anni, a conferma di quanto sia spinosa e intricata la materia.

La prima riforma del finanziamento ai partiti fu approvata nel 2012, durante il governo guidato del professor Mario Monti. I partiti arrivarono, dopo lunghe discussioni, a un accordo da cui si sfilarono solo la Lega Nord e l'Italia dei Valori di Di Pietro, che chiedevano la completa abolizione dei finanziamenti pubblici. La legge n. 96/2012, invece, si limitava a dimezzare i contributi pubblici per quell'anno – da 182 a 91 milioni di euro – e stabiliva delle riduzioni per gli anni successivi. Si introducevano inoltre una serie di condizioni per accedere ai fondi, come l'aver ottenuto almeno il 2 per cento dei voti alla Camera o eleggere almeno un parlamentare. Occorreva poi che lo statuto dei partiti che accedevano ai fondi fosse conforme a principi di democrazia interna e, per vigilare sui bilanci dei partiti veniva istituita una commissione composta da cinque magistrati.

Il governo di Enrico Letta è intervenuto in seguito con il decreto 149/2013, convertito nella legge 13 del 2014 dal Parlamento. Da quel momento viene eliminato il meccanismo dei rimborsi elettorali (che erano automatici e proporzionali al numero di voti ottenuti alle elezioni), sostituito dal 2×1000, in base al quale è il singolo contribuente a decidere nella propria dichiarazione dei redditi se destinare quella quota della sua Irpef a un partito. Il nuovo sistema di distribuzione dei fondi ha fatto sì che i partiti nel 2017 riuscissero a ottenere solo circa 15 milioni su 45, lasciando il restante allo Stato. L'aspetto che la riforma targata Di Maio andrebbe a modificare, rispetto al Decreto Letta, è quello relativo ai finanziatori (oltre che dell'importo massimo di tali finanziamenti). Secondo le norme in vigore, le donazioni ai partiti oltre i 5.000 euro, e fino al limite massimo consentito di 100mila euro, devono essere dichiarate insieme al bilancio, ma la legge sulla privacy permette di non rivelare i nomi di coloro i quali non rilasciano il proprio consenso.

Oggi, comunque, le donazioni private alla politica si sono spostate sempre più verso altri canali, più o meno riconducibili alle stesse forze politiche, ricostruisce Openpolis. Si tratta in particolare di fondazioni e associazioni private legate a partiti o direttamente a leader politici. La legge impone loro obblighi di trasparenza degli statuti e dei bilanci solo se gli organismi dirigenti sono nominati direttamente dai partiti o nel caso in cui contribuiscano al finanziamento della politica in modo molto rilevante. Dal dossier Openpolis dello scorso febbraio si legge che, delle 108 fondazioni censite dal 2015, solo 94 hanno un sito internet e, di queste, meno della metà pubblica lo statuto mentre mancano quasi del tutto i bilanci e l’elenco dei finanziatori. Questo è l'altro grande problema che la nuova proposta governativa vorrebbe risolvere.

Raffaele Cantone: "Occorre regolamentare il finanziamento della politica"

Il presidente dell'Anac, Raffaele Cantone, in un'intervista a "Repubblica" riconosce il fatto che: "Il finanziamento pubblico è stato abrogato in modo molto frettoloso, senza introdurre uno scudo fisiologico, un contrappeso all’inevitabile ruolo che avrebbero avuto le sovvenzioni dei privati. Inoltre erano stati previsti meccanismi di controllo solo sui bilanci dei partiti tradizionali, mentre già nel 2013 esistevano fondazioni e associazioni che raccoglievano fondi per i politici". Il capo dell'Anticorruzione plaude all'impegno del presidente del Consiglio Giuseppe Conte a intervenire su questo fronte e su quello delle lobby, in quanto si tratta di "elemento centrale in tutto l’Occidente" come dimostra da ultimo il caso della Spagna, dove il primo ministro Mariano Rajoy ha perso il posto per una condanna per corruzione e fondi neri al suo partito. Nel merito della proposta di cui si sta parlando oggi Cantone suggerisce l'adozione di "regole non diverse da quelle delle società quotate in Borsa, con bilanci chiari e certificati. E non sarebbe illogico ipotizzare sanzioni penali analoghe a quello dell’illecito finanziamento, che invece ora riguardano solo i partiti tradizionali e non fondazioni e associazioni politiche".

Le reazioni della politica all'annunciata proposta Di Maio

Per il momento sembra tenere l'intesa con gli alleati di governo, Matteo Salvini ha dichiarato ieri sera a "Non è l’Arena" che "l’importante è che tutto venga fatto in maniera trasparente, senza segreti e raggiri. I cittadini possono farlo compilando la dichiarazione dei redditi, è una cosa democratica e trasparente". Concorda il deputato ed economista Claudio Borghi, che auspica un ritorno al finanziamento pubblico dei partiti e accenna a un divieto per quello privato.

Sul tema del finanziamento ai partiti e sul ruolo delle fondazioni era venuta dal PD una proposta, presentata (e mai discussa) nell'estate 2015 dall'ex tesoriere Antonio Misiani, che l'ha ripresentata anche in questa legislatura. Il disegno di legge n. 240 del 2018 propone l'istituzione di un registro per le fondazioni e associazioni politiche, a cui sarebbero obbligate a inviare il loro statuto e i bilanci annuali, estendendo poi sostanzialmente a questi enti gli obblighi di trasparenza che già gravano sui partiti. Intanto già ieri presidente del PD Matteo Orfini ha risposto via twitter alla sfida del vicepremier con ironia: "Di Maio vuole nuove norme sulla trasparenza nei partiti. Di Maio. Cioè il capo politico di un movimento che è quanto di meno trasparente esista in Italia. Vuole maggiore trasparenza? Evviva. Inizi a fare chiarezza sui suoi rapporti con Lanzalone. E la smetta di prenderci in giro".

Il caso del finanziamento del Movimento 5 Stelle è in effetti il più particolare, in quanto non è iscritto nel registro dei partiti e dunque non accede al 2×1000, ed è caratterizzato dal punto di vista organizzativo da un insieme di associazioni diverse. Le campagne elettorali nazionali sono realizzate da comitati elettorali costituiti appositamente, mentre la normale attività viene realizzata soprattutto dall'Associazione Rousseau presieduta da Davide Casaleggio, da cui dipende il sistema di interfaccia tra eletti e iscritti. Sul suo sito, l'associazione dichiara attualmente 609.990 euro di fund raising e pubblica anche la lista dei 20.721 donatori di cui, però, sono riportate solo le iniziali. Un vulnus a cui il Movimento sembra voler rimediare con l'annuncio che la lista verrà depositata presso la Camera.

Sul terreno del ruolo e del finanziamento della Casaleggio Associati si aggiunge anche la voce di Marco Canestrari, ex collaboratore di Beppe Grillo e di Gianroberto Casaleggio e co-autore di Supernova, un'inchiesta molto critica sul Movimento 5 Stelle.

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