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La pressione fiscale sale, il Pil scende: aumenta il rischio di una manovra correttiva

Nonostante le rassicurazioni del Governo torna lo spettro di una correzione alla legge di Bilancio entro la fine dell’estate. In più, come nota un report della CGIA di Mestre, il peso dell’aumento della pressione fiscale ricadrà in gran parte su banche, assicurazioni e grandi imprese, non sulle famiglie.
A cura di Tommaso Coluzzi
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L'Italia non cresce più, così torna lo spettro di una manovra correttiva. Una integrazione alla legge di bilancio varata il 31 dicembre dello scorso anno potrebbe essere richiesta dalla Commissione Europea entro la fine dell'estate. Malgrado la smentita del ministro dell'Economia Giovanni Tria, che ha aveva negato la possibilità di una manovra bis visto che "nessuno ce la chiede", commentando le basse stime di crescita del nostro paese (e contestualizzandole in uno scenario europeo dove anche "il motore", la Germania, si è fermata),  questa mattina, a pochi giorni dalla scrittura del Documento di Economia e Finanza, i dati emersi dal rapporto Ocse prospettano per quest'anno un calo del Pil al -0,2%, con una previsione per il prossimo al +0,5%. Dalla previsione del Governo, che era del +1%, le analisi di chi si è pronunciato sulla manovra italiana sono state sempre più negative: era +0,6% per banca d'Italia e FMI a gennaio, +0,2% per la Commissione Europea a febbraio, poi +0,1% per Standard & Poor's e 0% per Confindustria a marzo e ora è arrivato il -0,2% dell'Ocse.

Il rapporto della CGIA di Mestre

Un rischio confermato anche dal rapporto della CGIA di Mestre, secondo cui ad aggravare la situazione c'è il probabile mancato ricavo di alcune voci dell'ultima legge di Bilancio, che ci allontanerebbe dagli obbiettivi di deficit e debito presi con Bruxelles solo pochi mesi fa. All'appello mancano 4 miliardi dalla rottamazione delle cartelle esattoriali, 18 miliardi dalla privatizzazione di beni dello Stato e 2 miliardi aggiuntivi che arriverebbero dall'introduzione della fatturazione elettronica. Secondo il centro studi una manovra correttiva potrebbe essere già necessaria entro l'estate, nonostante le rassicurazioni del Governo.

La pressione fiscale per il 2019 potrebbe toccare il 43%. L'allarme è dell'ufficio studi CGIA di Mestre, secondo il quale la revisione al ribasso della crescita ha evidenziato il rallentamento della nostra economia e la grande difficoltà nel mantenere in ordine i conti pubblici, ma anche il rischio altissimo di un aumento della pressione fiscale.

Il sistema bancario italiano, difeso dal premier Giuseppe Conte e dal ministro Tria, potrebbe pagare più di altri il prezzo dell'aumento della pressione fiscale. Secondo lo studio le più colpite saranno proprio le banche, insieme ad assicurazioni e grandi imprese, con un aumento di imposta tra 1,8 e 2,5 miliardi di euro. "Non è da escludere – ha dichiarato il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – che gli istituti di credito riversino sulla clientela i maggiori costi causati dall'inasprimento fiscale". Ovvero ritoccando all'insù le commissioni bancarie che, ricorda il coordinatore, "incidono per il 40% dei ricavi netti delle banche". Bisognerà fare attenzione ai costi "dei conti correnti, dei servizi bancomat/carte di credito, alle operazioni di incasso/pagamento, che non aumentino ingiustificatamente", ha concluso Zabeo.

Il rapporto sottolinea come il peso dell'aumento della pressione fiscale non ricadrà su famiglie e imprese, che non pagheranno tasse più alte. Infatti il dato è prodotto dal rapporto tra le entrate fiscali e quelle contributive sul Pil. Negli ultimi decenni "si sono sacrificati i consumi e gli investimenti", ha commentato il segretario della CGIA Renato Mason, ricordando quanto oggi sia "diventato sempre più difficile fare impresa, creare lavoro e redistribuire ricchezza".

"Nel dicembre scorso il Ministero dell’Economia aveva previsto una crescita dell’1 per cento del Pil, che avrebbe contribuito a far salire di poco la pressione fiscale del 2019, esattamente al 42,3 per cento. Ora, con un Pil che quasi sicuramente supererà di poco lo zero, il peso fiscale è destinato ad aumentare in misura più consistente rispetto alle previsioni. L’asticella è destinata a salire ed è molto probabile che si attesterà appena sotto la soglia del 43 per cento", ha spiegato ancora Zabeo. Negli ultimi 40 anni, riassume lo studio, la pressione fiscale in Italia è salita di 11 punti. Dal 31,4% del 1980, il picco più alto c'è stato durante il governo Monti, nel 2012-2013, quando il dato ha toccato il 43,6%. E ora potrebbe tornare a salire.

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