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La Corte Europea condanna l’Italia per la confisca dell'”ecomostro” Punta Perotti, a Bari

Secondo la Corte Europea le autorità italiane non avrebbero dovuto confiscare Punta Perotti senza una previa condanna dei responsabili degli eventuali illeciti.
A cura di Davide Falcioni
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Con una sentenza non appellabile la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha stabilito che le autorità italiane non avrebbero dovuto procedere con la confisca di diversi terreni per la costruzione abusiva senza una previa condanna dei responsabili: la sentenza riguarda Punta Perotti (Bari), Golfo Aranci (Olbia), Testa di Cane e Fiumarella di Pellaro (Reggio Calabria). Secondo i giudici le autorità italiane hanno violato il diritto al rispetto della proprietà privata. La Corte europea si è riservata di valutare l'indennizzo. "Si tratta di una sentenza uguale a quella del 2012 con cui già la Corte europea dei diritti dell'uomo aveva condannato lo Stato italiano a risarcire con 49 milioni di euro la società che aveva realizzato il complesso edilizio sul lungomare di Bari", ha commentato l'ingegner Michele Matarrese. "Evidentemente qualche altro proprietario avrà presentato ricorso, così è arrivata la sentenza bis, ma non mi meraviglio perché quello era stato già l'orientamento della Corte sei anni fa". Sul caso è intervenuto anche il Ministro dell'interno Matteo Salvini, cogliendo una nuova occasione per attaccare le istituzioni europee. “La Corte di Strasburgo condanna l’Italia e difende gli eco-mostri e la cementificazione selvaggia? Ennesima prova del fatto che certe istituzioni dovrebbero essere chiuse” ha afferma infatti in una nota il vicepremier, commentando la sentenza che boccia l’Italia per la confisca di Punta Perotti.

Quello di Punta Perotti è un ex complesso immobiliare che fu costruito sul lungomare di Bari nel 1995, all'altezza della spiaggia di Pane e Pomodoro. Considerato un "ecomostro", venne abbattuto in tre giorni nell’aprile 2006. Il primo progetto di lottizzazione dell’area risale al 1979, ma solo 13 anni dopo il consiglio comunale diede il via libera ai piani di lottizzazione proposti dalle aziende dei gruppi imprenditoriali di Bari Andidero, Matarrese e Quistelli. La concessione edilizia per la realizzazione dei blocchi A, B ed N venne rilasciata nel 1995, nonostante le proteste di cittadini e movimenti ambientalisti. Due anni più tardi  la Procura di Bari mise i sigilli su trecentomila metri cubi di cemento in riva al mare, ma solo nel 2005 venne autorizzata la demolizione. Il mostro di cemento di Punta Perotti venne abbattuto in tre tornate il 2, 23 e 24 aprile. Poi, l’area diventò un parco verde.

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