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La Corte costituzionale ha deciso: la prostituzione libera non esiste

Per la Corte costituzionale la scelta di prostituirsi non è mai libera perché, anche se può iniziare con una decisione volontaria, è un’attività che degrada e svilisce la persona e ne mette a rischio la salute. La Consulta ha salvato così la legge Merlin, che dal 1958 ha abolito la prostituzione in Italia.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Nonostante i tempi siano cambiati, per la Corte costituzionale la scelta di prostituirsi è decisa da fattori che limitano e condizionano la libertà di autodeterminazione dell'individuo anche quando la scelta è inizialmente libera, perché è un'attività che degrada e svilisce la persona e ne mette a rischio la salute. La Consulta ha così salvato la legge Merlin, che abolì la prostituzione nel 1958. Secondo la Corte, l'articolo 2 della Costituzione, che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, è strettamente collegato al secondo comma dell'articolo successivo, che impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli economici e sociali al pieno sviluppo della persona umana. Perciò la Costituzione riconosce i diritti di libertà, compresa quella sessuale, come tutela e sviluppo del valore della persona. Tuttavia la prostituzione non rappresenta né una tutela e né uno sviluppo della persona umana, ma un'attività economica, riducendo la sessualità ad una semplice "prestazione di servizio" a cui corrisponde un profitto.

Non si può obiettare che un diritto fondamentale resti tale anche se remunerato, perché altrimenti qualsiasi attività imprenditoriale, se collegata a una libertà costituzionalmente garantita, diventerebbe un diritto inviolabile. Allo stesso modo, secondo la Corte, non c'è nessuna violazione di libertà di iniziativa economica privata nel caso in cui terzi volessero sfruttare la prostituzione sotto forma di impresa, perché questo è proibito dall'articolo 41 della Costituzione.

A sollevare questo caso era stata la Corte d'appello di Bari, nell'ambito del processo di secondo grado a Giampaolo Tarantini e Massimiliano Verdoscia, a giudizio per il caso delle escort presentate tra il 2008 e il 2009 a Silvio Berlusconi. La Corte del capoluogo pugliese aveva sostenuto che l'attuale realtà sociale è diversa da quella dell'epoca in cui fu introdotta la legge Merlin, sottolineando che oggi esisterebbe una prostituzione per scelta libera e volontaria, cioè quella delle escort, come espressione della libertà di autodeterminazione sessuale, garantita dall'articolo 2 della Costituzione.

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