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La 196esima nazione al mondo: le Trash Islands, le isole della spazzatura

Diverse associazioni ambientaliste chiedono all’Onu di riconoscere il 196esimo Paese al mondo: le Trash Islands. Le distese di spazzatura galleggiante diventerebbero così uno Stato con il loro passaporto, le loro banconote e il loro inno.
A cura di Maurizia Marcoaldi
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Il mare sullo sfondo. Un gabbiano in primo piano che troneggia su una montagna di rifiuti. E il suo collo "incastrato"nella plastica tanto da farlo soffocare. Non è un fumetto o il soggetto dell'ultima opera di Bansky, ma potrebbe essere il disegno di una nuova banconota che di qui a breve entrerà in circolazione. Di quale Paese? Delle Trash Islands, le isole dell'immondizia, il 196 Paese al mondo. La provocazione, riportata da Linkiesta, è stata lanciata da varie associazioni ambientaliste, come LADbible e Plastic Ocean Foundation, che attraverso una petizione online vorrebbero chiedere all'Onu di riconoscere tutte le isole di spazzature galleggianti al mondo come un unico Paese, le Trash Islands per l'appunto.

Ovviamente il cittadino delle Trash Islands avrà anche un passaporto per poter viaggiare, con tanto di tartaruga e foca avvolte nei rifiuti e la scritta "l'oceano ha bisogno di noi". Nell'attesa che venga riconosciuto questo 196esimo Paese i promotori della petizione stanno pensando a varie banconote, sullo stile di quella con il gabbiano sulla montagna di rifiuti, a un inno nazionale e anche a possibili istituzioni politiche e a squadre di calcio nazionali. Insomma agli ideatori della petizione la fantasia non manca e chiedono proprio a ogni cittadino del mondo di partecipare al loro progetto. Nel testo della petizione l'appello è quello di fare pressione sulle Nazioni Unite per fare riconoscere le isole di plastica perché "diventando un paese membro dell'Onu, saremo protetti dalle Carte sull'Ambiente dell'Onu e in questo modo gli altri Paesi si dovranno impegnare per pulirci".

Ovviamente l'idea nasca come provocazione, ma serve per riportare l'attenzione su un tema fondamentale e che non va mai dimenticato. Tim Nunn, come si riporta sempre nel testo della petizione online, fotografo che negli anni di attività ha più volte documentato con i suoi scatti gli effetti della plastica sul nostro pianeta, nonché uno dei promotori dell'iniziativa, afferma che "se non affrontiamo il problema finiremo per avere un oceano privo di vita".

E infatti sono 8 milioni le tonnellate di plastica prodotte all'anno nel mondo. Quantificando la superficie delle Trash Islands gli esperti sostengono che andrebbero a equiparare un'area pari a quella della Francia.

L'allarme riguarda tutti e anche il mare Adriatico e lo Ionio. Infatti secondo uno studio sulla spazzatura marina "il mare Adriatico sarebbe una discarica a cielo aperto" e residui di plastica sarebbero presenti nel 91% dei 70mila campioni di sabbia analizzati dagli studiosi. Insomma la percentuale di palstica è così elevata nelle acque dei nostri mari che facilmente ce la potremmo trovare a tavola: gli europarlamentari dei verdi hanno reso noto, durante il convegno Futuro dell'Adriatico dello scorso luglio, che "per ogni chilometro quadrato di mare ci sono dai 330 ai 750 pezzi di plastica". Insomma non è difficile immaginare che il pesce inquinato possa finire proprio nei nostri piatti, magari in quelli neanche troppo economici dei più in voga ristoranti della costa adriatica. Tra le isole più inquinate al mondo per gli esperti c'è Henderson Island, isola deserta nell'Oceano Pacifico ma completamente abitata dalla spazzatura.

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