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L’uomo che cambia sesso e diventa donna ha diritto ad andare in pensione prima

Secondo il parere dell’avvocato generale della Corte Europea Michal Bobek, una persona transgender che rimanga comunque sposata con il coniuge anche dopo il cambio di sesso ha diritto ad andare in pensione secondo le regole previste per il nuovo sesso e uno Stato Membro non può rigettare la domanda di pensione ponendo di fatto in essere una discriminazione contraria al diritto Ue.
A cura di Charlotte Matteini
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Ha cambiato sesso nel 1995 e da uomo, sposato, è diventato donna. Al compimento dell'età pensionabile, Mb ha chiesto di andare in pensione a 60 anni come le donne, ma il Regno Unito ha negato questa possibilità sostenendo che la donna dovesse attenersi all'età pensionabile prevista per il suo sesso biologico, ovvero 65 anni. Mb non si è però rassegnata e la causa è finita davanti alla Corte di giustizia dell'Unione europea e proprio oggi l'avvocato generale della Cedu ha dato ragione alla donna e rilevato che l'illegittimità delle condizioni poste dal Regno Unito. Stando alla ricostruzione offerta, Mb – nata nel 1948 e registrata alla nascita come persona di sesso maschile e sposata dal 1974 – al compimento del sessantesimo anno di età – nel 2008 -ha chiesto di andare in pensione, ma mancando un certificato completo per il riconoscimento dell'identità sessuale – che all'epoca, in base alla normativa,  avrebbe prodotto l'annullamento degli effetti del matrimonio, la domanda è stata respinta. Secondo l'avvocato generale Michal Bobek, gli Stati Membri pur rimanendo liberi di ammettere o non ammettere i matrimoni tra persone dello stesso sesso, sono però tenuti a rendere l'accesso alla prestazione pensionistica indipendentemente dalla condizione matrimoniale.

In sostanza, Mb nel 1991 ha iniziato a vivere come una donna e nel 1995 si è sottoposta a un intervento chirurgico di mutamento di sesso, al termine del quale non ha richiesto il certificato completo per il riconoscimento dell'identità sessuale ai sensi della normativa britannica poiché, all'epoca, sarebbe stata tenuta a far annullare il proprio matrimonio dal momento che il vincolo matrimoniale tra persone dello stesso sesso non era ammesso nel diritto del Regno Unito. Mb e sua moglie, però, nonostante il cambio di sesso, non volevano che il loro matrimonio fosse annullato., dunque hanno preferito non procedere. Questa mancanza però ha prodotto il respingimento della domanda per la pensione di vecchiaia, perché in mancanza di tale certificato la donna avrebbe dovuto riferirsi al suo sesso biologico di nascita. Mb ha impugnato tale decisione dinanzi ai giudici nazionali, sostenendo che la condizione di non essere coniugati costituisca una discriminazione contraria al diritto dell'Unione.

Come spiega il Sole 24 Ore, "una direttiva dell'Unione vieta le discriminazioni fondate sul sesso relativamente alle prestazioni statali, incluse le pensioni di vecchiaia e di fine lavoro. La direttiva prevede una deroga a tale divieto, permettendo agli Stati membri di escludere dal suo ambito di applicazione la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro. Il Regno Unito ha esercitato tale facoltà: l'età pensionabile per una donna nata prima del 6 aprile 1950 è di 60 anni e per un uomo nato prima del 6 dicembre 1953 di 65″. All'epoca della causa nazionale, però, il sesso acquisito di una persona transgender non era riconosciuto al fine di determinare l'età per beneficiare della pensione statale, se la suddetta persona era e rimaneva parte di un precedente matrimonio, dunque la corte europea alla fine del percorso giudiziario nazionale ha dovuto dare un parere sulla questione posta da Mb.

Nelle conclusioni odierne, l'avvocato generale Michal Bobek ha ritenuto che effettivamente la condizione, applicabile solo alle persone transgender, di non essere coniugati per poter accedere a una pensione statale sia contraria alla direttiva, dunque costituirebbe una discriminazione diretta fondata sul sesso oggettivamente ingiustificata. Secondo l'avvocato generale, la discriminazione diretta è caratterizzata dalla disparità di trattamento di un gruppo comparabile di persone a sfavore di un altro gruppo a causa del loro “caratteristica tutelata” . Inoltre, l'avvocato generale ha inoltre rilevato che il "gruppo che funge da termine di comparazione rilevante per stabilire le discriminazioni sessuali nell'ambito del mutamento di sesso dipenda dal contesto della causa"e nella causa di specie "l'adeguato gruppo che funge da termine di paragone sono le donne cisgender, poiché l'aspetto di cui trattasi è l'accesso alle prestazioni pensionistiche per le persone transgender passate da uomo a donna rispetto alle donne cisgender". Infine, l'avvocato generale ha rilevato un'ulteriore disparità di trattamento in quanto lo stato coniugale non rileva per le persone cisgender ai fini dell'accesso a una pensione statale, mentre le persone transgender sposate sono soggette all'obbligo di annullare il loro matrimonio.

Secondo l'avvocato generale, la discriminazione diretta fondata sul sesso è ammessa solo nei casi specifici elencati nella direttiv, ad esempio una delle deroghe prevede che gli Stati membri possano mantenere diverse età pensionabili per uomini e donne per la concessione della pensione di vecchiaia, ma non ammette una differenza di trattamento tra le persone transgender e quelle persone la cui identità sessuale non sia il risultato di un mutamento di sesso. In sostanza, dunque, per l'avvocato è illegittimo per il diritto dell'Unione europea prevedere che una persona che ha cambiato sesso non debba essere sposata per ricevere una pensione di vecchiaia.

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