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L’appello di Save the Children per gli Europei 2016: “Niente reti per i migranti”

L’organizzazione ha lanciato una campagna di sensibilizzazione in occasione della partenza degli Europei di Calcio 2016. Lo scopo è quello di creare una mobilitazione della società civile perché l’Ue si impegni a offrire aiuto e protezione ai bambini in fuga da guerre, violenza e povertà.
A cura di Redazione
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L'Europa deve accogliere e proteggere i migranti che arrivano, specialmente se si tratta dei più piccoli e vulnerabili. Con questo monito Save the Children Italia ha lanciato una campagna di sensibilizzazione in occasione della partenza degli Europei di Calcio 2016. Lo scopo è quello di creare una mobilitazione della società civile perché l'Ue si impegni a offrire aiuto e protezione ai bambini in fuga da guerre, violenza e povertà. "Ogni bambino o adolescente che giunge in Europa dovrebbe avere accesso ad un sistema organico di accoglienza e protezione condiviso da tutti i paesi membri dell’Unione. I paesi europei, invece, sono chiusi nel proprio egoismo, affrontando il tema delle migrazioni e dell’asilo in modo frammentario", ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia.

"Sono stati alzati muri e reticolati – ha aggiunto – che hanno esposto proprio i più vulnerabili, che sono i bambini e soprattutto quelli non accompagnati, a gravi rischi di violenza o sfruttamento, bloccati per mesi in campi improvvisati con condizioni umanitarie inaccettabili, o addirittura rinchiusi in veri e propri centri di detenzione. Questo avviene sotto gli occhi di tutti, tradendo l’identità e la storia stessa dell’Europa, in violazione dei diritti di ogni essere umano e in particolare dei più piccoli, e del principio inderogabile di protezione e accoglienza per chi fugge da violenze o persecuzioni".

Dal 2015 sono arrivati in Europa via mare più di 1,2 milioni di persone, tra cui più di 427.000 bambini. Nei primi cinque mesi del 2016 solo in Italia sono giunti oltre 7.000 minori non accompagnati. In Grecia, sono sbarcati oltre migranti 8.400, tra cui quasi 5.000 bambini e donne. Spesso si tratta di madri, che hanno affrontato il viaggio da sole con i loro i figli per metterli in salvo e, denuncia Save the Children, "sono bloccate sulle isole di approdo con il terrore di essere rinviate in Turchia per effetto dell’accordo tra quest’ultima e l’Unione Europea".

"I bambini in viaggio verso l’Europa, o che si trovano già sul continente – ha proseguito Neri – devono essere considerati bambini prima di tutto, indipendentemente dal loro status di migranti o rifugiati, non possono mai essere sottoposti a misure detentive e il principio del superiore interesse del bambino deve sempre essere considerato come preminente. In particolare devono ricevere un’accoglienza adeguata, assistenza medica e psico-sociale e avere pieno accesso alle informazioni circa il loro status giuridico nella loro lingua".

Quello che l'organizzazione chiede all'Europa è di "garantire ai migranti, e in particolare ai minori, vie di accesso sicure e legali evitando che l’unica alternativa sia quella di affidarsi ai trafficanti per attraversare, a rischio della vita, il Mediterraneo o le frontiere interne o esterne dell’Europa e dei paesi terzi". Deve trovare riconoscimento il rispetto della direttiva sul ricongiungimento familiare e dovrebbero essere accelerate le procedure per dare una risposta immediata alla situazione dei molti bambini in Grecia e in Italia che ne avrebbero diritto. Secondo Save the Children "i bambini, da soli o con la famiglia, e altri gruppi vulnerabili dovrebbero avere la priorità nel quadro dei meccanismi di ricollocamento all’interno dell’Ue attraverso procedure chiare, rapide ed efficienti". Ma il piano della Commissione, che prevede il ricollocamento di 160.000 richiedenti asilo dalla Grecia e dall’Italia verso altri paesi Europei, "procede a rilento e non risultano chiare le modalità e le tempistiche di attuazione". Per l'organizzazione gli impegni assunti dall'Ue nel quadro dell’Agenda Europea sulle migrazioni e dell'accordo con la Turchia per quanto riguarda il reinserdiamento sono "in gran parte inadeguati". Servono, quindi, meccanismi di "responsabilità condivisa" per garantire che tutti gli Stati membri partecipino ai programmi di reinsediamento e rispettino gli impegni presi.

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