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Kenya, 10 morti per colera in un campo profughi. L’epidemia rischia di espandersi

Il colera è causato dall’acqua infetta e dalle scarse condizioni igieniche. Poco più di un mese fa Papa Francesco aveva detto: “Negare l’acqua ad una famiglia, attraverso qualche pretesto burocratico, è una grande ingiustizia, soprattutto quando si lucra su questo bisogno. L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale”.
A cura di Davide Falcioni
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E' di almeno 10 morti e un migliaio di ammalati il bilancio di un'epidemia di colera in un campo di rifugiati somali in Kenya. La malattia ha iniziato a diffondersi a novembre secondo quanto riferito da Osman Yussuf Ahmed, dell'agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr). Nel campo profughi di Dadaab, il più grande del mondo, nel Nord-est del Kenya, vi sono circa 350.000 rifugiati e il rischio che la malatta continui ad espandersi è quindi concreto. Il colera, infatti, si trasmette attraverso acqua contaminata e a causa di precarie condizioni igieniche, che in questo caso sono state aggravate da settimane di piogge intense sul Kenya.

L'incubazione del virus dura dai cinque ai dieci giorni, poi l'infezione causa gravissima dissenteria, disidratazione e la morte in assenza di un trattamento efficace e rapido. "L'aspetto più importante è l'igiene" ha spiegato Ahmed, assicurando che da questo punto di vista le Nazioni Unite hanno fatto tutto il possibile disinfettando l'acqua e distribuendo medicinali e sapone tra i rifugiati.

Evidentemente le parole pronunciate da Papa Francesco durante la sua visita in Kenya, nel novembre scorso, non sono servite a molto. Il pontefice aveva incontrato i fedeli in una bidonville nella periferia di Nairobi e lanciato un chiaro messaggio: "I paesi sviluppati hanno un grave debito verso i poveri che non hanno accesso all'acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità.  Negare l'acqua ad una famiglia, attraverso qualche pretesto burocratico, è una grande ingiustizia, soprattutto quando si lucra su questo bisogno. L'accesso all'acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l'esercizio degli altri diritti umani".

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