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Italia aumenta ancora esportazioni armi e il Parlamento non ne sa nulla

Il totale delle aziende che hanno esportato nel 2017 è cresciuto da 124 a 136. Così come i Paesi destinatari, passati da 82 a 85. Francesco Vignarca, di Rete italiana per il disarmo, in un’intervista a Fanpage.it: “Sgarbo verso il Parlamento: l’Autorità per le autorizzazioni ha presentato ai media i dati dell’export militare italiano prima che la relazione sia stata presentata ai parlamentari”.
A cura di Annalisa Cangemi
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"È di 10,3 miliardi di euro il valore delle vendite di armi italiane all'estero nel 2017, pari allo 0,9% del Pil", l'annuncio è stato fatto dal direttore dell'Autorità nazionale per le autorizzazione delle esportazioni di armamento (Uama) Francesco Azzarello. La dichiarazione all'Ansa risale al 3 aprile, e si tratta di una prima anticipazione. I dati completi sull'esportazione di armi dell'Italia relativo al 2017 verranno diffusi solo il prossimo martedì con una relazione in Parlamento. Azzarello commenta alla fine spiegando che grazie a questo business in Italia lavorano in tutto circa 150mila persone. In teoria l'Uama dovrebbe essere un organismo terzo, come recita il sito della Farnesina, in cui viene specificato che l'Autorità "effettua l’attività di controllo nella fase preliminare e successiva all’esportazione dei materiali di armamento, anche attraverso verifiche ed ispezioni; esercita poteri di vigilanza, visitando le aziende con ispettori designati", questo è uno dei suoi compiti principali.

"C'è stato uno sgarbo, un'invasione di campo, da parte dell'Uama, che è incardinata all'interno del ministero degli Esteri, e che dovrebbe avere un ruolo "super partes", da controllore. Azzarello, che è un esponente delle Istituzioni, non dovrebbe permettere che dal suo ufficio provengano commenti nel merito, prima che il Parlamento, che è sovrano ed è il naturale destinatario secondo la legge, abbia potuto acquisire e visionare la relazione – ha detto Francesco Vignarca di Rete italiana per il Disarmo, contattato da Fanpage.it – Il secondo aspetto è che Uama, che poi è l'unità che concede le eventuali autorizzazioni alle aziende esportatrici di armi, valutando se sono in linea con la politica estera del Paese, si permetta poi di fare considerazioni, facendo trasparire chiaramente soddisfazione per esempio perché le licenze sono aumentate. In questo caso è evidente che sia a favore dell'aumento delle esportazioni".

Chi ha il compito di analizzare le autorizzazioni non dovrebbe insomma essere anche l'ente preposto ad esprimere pareri, ma dovrebbe tenere un profilo neutrale, e non certo pronunciarsi rischiando così di influenzare l'opinione pubblica. Valutazioni di questo tipo sono di natura "politica". "A noi sembra che l'Autorità stia prendendo una posizione precisa, e invece di fare da arbitro stia giocando per una delle due squadre, con l'obiettivo di aumentare l'export militare. Senza contare che negli ultimi anni, considerando l'ultima legislatura, l'Uama non ha emesso alcun "diniego", che è il meccanismo giuridico che bloccherebbe le autorizzazioni anche nel caso in cui le aziende decidessero di esportare in altri Stati dell'Ue, che a quel diniego sono tenuti ad attenersi. L'Autorità di solito fa un pre-accordo con l'azienda, e nel caso dovessero esserci ostacoli per il rilascio di autorizzazioni, avvisa per tempo le fabbriche di armi interessate. Questa è al prassi".

Per esempio, sulla vendita di armi italiane all'Arabia Saudita, che ha causato polemiche nei mesi scorsi per il loro uso in Yemen, il direttore dell'Uama ha dichiarato  che "le licenze sono passate da 427 milioni di euro nel 2016 a 52 milioni nel 2017", un calo di quasi l'88%. In particolare, "la Rwm Italia (la società che fabbrica le bombe d'aereo) è scesa da 489 milioni di licenze nel 2016 a 68 milioni nel 2017, con vendite in 17 Paesi, tra cui numerosi membri della Nato e dell'Ue". Questa notizia però potrebbe essere letta anche in un altro modo, ci spiega Vignarca: "Anche 52 milioni di euro per quel tipo di ordigni è una cifra altissima. E poi va ricordato che questa somma si riferisce solo alle autorizzazioni, non agli effettivi invii. E le autorizzazioni fatte adesso potrebbero durare per anni. La diminuzione delle autorizzazioni di per sé non è un dato che indica un minore impatto sul conflitto in corso". Questo calo non dimostra insomma che siano state sospese le autorizzazioni delle commesse già date, cosa che invece sarebbe possibile, fermando l'effettivo invio delle armi.

In generale nel 2017 il dato complessivo dell'export italiano, rispetto al 2016 quando il valore delle licenze di esportazione è stato di 14,9 miliardi, "ha subito una contrazione del 31%, benché quello del 2017 sia il secondo valore più alto di sempre: in particolare nel 2016 pesava una singola licenza di 7,3 miliardi per 28 Eurofighter al Kuwait, mentre nel 2017 quella da 3,8 miliardi di navi e missili al Qatar". Si tratta però di un abbassamento relativo all'ultimo anno, ma non bisogna dimenticare che in passato l'Italia esportava 3 miliardi di euro, poi è salita a 8, fino a raggiungere un valore di oltre 14 miliardi di euro.

"A ciò – ha sottolineato all'Ansa il ministro plenipotenziario Azzarello  – si aggiunga una generalizzata riduzione della domanda dal nostro tradizionale primo mercato di sbocco: l'Ue, in particolare Regno Unito, Germania, Spagna e Francia". Tolti i grandi contratti verso Paesi del Golfo, infatti, "i Paesi Ue-Nato sono destinatari del 76% delle nostre autorizzazioni". Tra le grandi società produttrici in Italia, "Fincantieri e Leonardo hanno il 65% del valore delle licenze di esportazione. Ma il totale delle aziende che hanno esportato nel 2017, quasi tutte medio-piccole, è cresciuto da 124 a 136. Così come i Paesi destinatari, passati da 82 a 85". E questo, ci spiega Vignarca, conferma che comunque, se guardiamo agli ultimi anni e non prendiamo come riferimento solo il 2016, il trend è in salita.

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