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Istanbul, un milione in marcia per la giustizia contro la repressione di Erdogan

Si è conclusa ieri la più grande manifestazione della Turchia dal 2013, durata 3 settimane. Il Chp, con Kemal Kilicdaroglu, porta in piazza centinaia di migliaia di persone, uniti al grido di “adalet”, cioè “giustizia”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Centinaia di migliaia di persone in piazza per seguire Kemal Kilicdaroglu, leader del Partito repubblicano del popolo (Chp)  il più importante partito di opposizione turco. La marcia era partita 25 giorni fa, lo scorso 15 giugno, nella capitale Ankara. Si tratta della più grande mobilitazione che ha visto il Paese dal 2013 contro il presidente Recep Tayyip Erdogan. La protesta è iniziata il giorno dopo l'arresto del deputato del partito socialdemocratico Chp, Enis Berberoglu, accusato di aver passato documenti riservati sui servizi segreti turchi al quotidiano  Cumhurriet. Le purghe di Erdogan quest'anno non hanno risparmiato nemmeno l'editore, il direttore e altri giornalisti del quotidiano d'opposizione. Sono finora 50mila le persone considerate "nemiche" del regime, private della libertà, in seguito al colpo di stato militare del 15 luglio 2016. Le epurazioni volute dall'esecutivo hanno colpito invece ben 150mila cittadini.

In chiusura della manifestazione un comizio del capo del Chp, nella piazza di Maltepe, quartiere nella periferia della città. Luogo simbolo, perché proprio lì si trova la prigione in cui è rinchiuso Berberoglu dal 14 giugno. Kemal Kilicdaroglu nel suo intervento di un'ora non nomina mai Erdogan: “Abbiamo marciato per la giustizia, per i diritti degli oppressi, per i deputati e per i giornalisti in carcere, per i professori universitari licenziati”.

Tappa dopo tappa sono stati percorsi ben 430 km. Un serpentone di gente, secondo gli organizzatori in tutto un milione, ha raggiunto Istanbul nel pomeriggio di ieri.  Tra la folla sventolano bandiere della Turchia e immagini di Ataturk, l’uomo che più di tutti rappresenta la Turchia moderna e laica.

Dieci le richieste rivolte dall'opposizione al Governo, tra cui la fine dello stato d’emergenza. La misura annunciata lo scorso 20 luglio sarà infatti in vigore per dieci giorni, e probabilmente verrà prolungata ancora, come già accaduto altre quattro volte nei mesi scorsi. Non i partiti o i politici, ma i principi della tutela della libertà di stampa e della laicità dello Stato sono stati al centro del discorso del leader del Chp: "Che nessuno pensi che questa sarà l'ultima marcia: il 9 luglio segna il giorno della rinascita". Una grande marcia contro la deriva autoritaria del presidente insomma, che in quest’ultimo anno ha accentrato sempre più il potere nelle sue mani, dopo il fallito golpe e la vittoria del referendum dello scorso aprile, con cui Erdogan ha modificato la Costituzione, di fatto cambiando il sistema parlamentare con uno presidenziale. L'ultimo episodio degno di nota, a riprova della stretta di Erdogan, è stato mercoledì scorso l'arresto di Idil Eser, direttrice di Amnesty International, accusata di legami con presunta rete golpista di Gulen, nel mirino insieme ad altri 12 attivisti.

“Noi vogliamo solo che tutti vengano trattati allo stesso modo”, dicono i partecipanti. È infatti “adalet” cioè “giustizia” il minimo comune denominatore del corteo.

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