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Smartphone vietati in classe, la psicologa: “Assurdo, meglio usarli come strumenti per insegnare”

La proposta è arrivata dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. L’obiettivo dovrebbe essere quello di consentire ai ragazzi di concentrarsi meglio nello studio.
A cura di Elisabetta Rosso
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La nuova proposta del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara è un’appassionata lotta contro il tempo: vietare gli smartphone dentro le scuole (nel 2022). Un segnale dall’alto, Valditara infatti ha spiegato: “Io dico che non si deve entrare in classe con il cellulare. Lo si può lasciare all’ingresso o comunque fuori dalla lezione: a scuola si va per studiare non per chattare”.

La proposta affronta un tema complesso. Per capirlo meglio abbiamo intervistato la dottoressa Antonella Contarino psicoterapeuta specialista in sessuologia clinica, e la dottoressa Beatrice Borelli, psicoterapeuta specialista dell’età evolutiva e dell’adolescenza.

Vietare lo smartphone a scuola: giusto o sbagliato?

Contarino: Sia giusto sia sbagliato. Mettere dei confini è fondamentale per educare un adolescente, e la scuola deve essere un luogo dove questi confini vengono rimarcati. Capire cosa va fatto e cosa no, quando concedersi il divertimento e quando invece impegnarsi nello studio, e via dicendo. Quindi ha anche senso creare spazi dove non usare lo smartphone, ma non così.

E in che modo?

Borelli: È più importante spiegare perchè sarebbe meglio non usare lo smartphone che imporre un divieto inderogabile. Quindi rendere consapevoli i ragazzi dei rischi. Lo smartphone è comunque un elemento di distrazione che penalizza gli adolescenti. Dal punto di vista neuropsicologico oggi i ragazzi hanno più problemi di concentrazione, non solo, anche emotivamente crea dei filtri pericolosi soprattutto in un momento così delicato nella formazione. Sequestrarlo per sei ore non è la soluzione.

Perchè invece di vietarli non si inaugura un’educazione digitale?

Borelli: Si apre un tema enorme. In terapia ho seguito moltissimi ragazzi che hanno modificato la loro forma mentis rimanendo incollati ai social. Un tema di cui si dovrebbe parlare tanto, soprattutto a scuola, è l’uso dello smartphone legato all’immagine. I ragazzi spesso pensano, se non ho like non sono voluto, e si innescano così problemi di autostima, al contrario invece chi ha milioni di follower si sente un fenomeno. Un’educazione per superare questa chiave di superficialità sarebbe importante.

Soprattutto ora, con il post pandemia che ha creato nuovi problemi.

Contarino: Durante il Covid gli smartphone hanno rappresentato un elemento fondamentale e distruttivo al tempo stesso. Da un lato hanno permesso di rimanere in contatto anche durante l’isolamento, dall’altro la socialità è stata erosa. Infatti post pandemia, quando i ragazzi hanno cominciato a incontrarsi, sono sorti nuovi problemi. Molti pazienti per esempio hanno iniziato a sviluppare disturbi d’ansia, sono meno abili socialmente, faticano a interagire senza uno smartphone che li protegge.  Quando si arriva all’incontro reale non si è pronti a stare davanti all’altro.

Vietare lo smartphone non rischia di creare l’effetto astinenza?

Borelli: Sì, perché in ogni limitazione c’è sempre il rischio che poi degeneri dalla parte opposta. Ovvero, io non uso il cellulare in classe ma poi esco, vado a casa e cerco di recuperare tutto quello che mi è stato tolto, e quindi rimango attaccato per ore allo schermo. E qua sorge un altro problema, se io non ho delle regole a casa farò anche più fatica ad accettarle fuori e questo potrebbe innescare atteggiamenti aggressivi.

E quindi?

Contarino: Come sempre serve la mediazione, non è che prendi il cellulare al mattino e me lo ridai all’uscita. Per esempio già diverse scuole non permettono l’uso dello smartphone in classe, ma durante l’intervallo o i momenti di pausa sì, o magari viene utilizzato per qualche attività. Gradualmente bisogna regredire per progredire, ridimensionare l’uso di uno strumento ma in modo consapevole, non come ordine dall'alto da eseguire.

“A scuola si va per studiare non per chattare” ha detto ministro il dell’Istruzione, ma è dal 2010 che gli smartphone non servono solo per chattare. Non sarebbe meglio integrare i cellulari nello studio invece che eliminarli?

Contarino: E infatti non bisogna eliminarlo a priori, è assurdo oggi immaginare una scuola che vieti la tecnologia. Lo smartphone dovrebbe essere usato, non per mandare i messaggi, stare sui social, o distrarsi, ma come strumento di apprendimento, o anche solo per velocizzare le ricerche e supportare il lavoro scolastico. Deve diventare uno strumento utile.

Possono quindi assumere ruoli diversi ed essere utili per l'insegnamento?

Contarino: Certo alcune scuole lo stanno già li stanno integrando, per esempio usano gli iPad per creare progetti legati all’arte alla grafica. Si può e si deve trovare un modo per ricollocare la tecnologia in un contesto formativo e non ludico. In questo modo diventa un supporto e non un elemento di distrazione.

Anche perché scuola digitale e smartphone nei cestini. C’è qualcosa che non quadra. 

Contarino: La contraddizione c’è. Banalmente, gli insegnanti caricano i compiti sul sito, i voti vengono segnati sul registro digitale con la media istantanea, non si può nemmeno più saltare la scuola perché l’assenza viene segnalata in tempo reale ai genitori sulla piattaforma. Quindi da un lato ci sono gli adulti che hanno tutti i mezzi per controllare, dall’altro ci sono i ragazzi che non possono usare gli smartphone.

Non bastano gli insegnanti a dire no, serve una legge. C’è un problema nel riconoscere le figure autoritarie? 

Borelli: Si ma non possiamo dare la colpa solo agli insegnanti perché il problema sta a monte. Viene fuori l’aspetto educativo, se a casa non insegnano a rispettare il professore allora l’adolescente non entra nel circuito dell’autorevolezza. Diverse volte è capitato per esempio di seguire studenti che sono stati bocciati ma che non si assumevano la responsabilità perché i genitori erano i primi a puntare il dito contro gli insegnanti. C’è un'estrema tendenza alla proiezione delle colpe. E poi i modelli, un ragazzo che seguo mi ha detto che i genitori gli hanno stabilito delle fasce orarie dove può usare lo smartphone ma poi il padre rimane attaccato allo schermo tutta la sera.

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