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Opinioni

Il governo di Giorgia Meloni ha un problema enorme con la politica digitale, e per l’Italia è un grosso guaio

A quasi tre mesi dalle elezioni non è ancora chiaro cosa farà il governo guidato da Giorgia Meloni per la politica digitale. E la confusione sull’abolizione dello Spid non è stata un ottimo segnale.
A cura di Valerio Berra
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Forse si poteva intuire dal primo giorno di governo. Nella lista dei ministri consegnata da Giorgia Meloni al presidente delle Repubblica Sergio Mattarella mancava una casella. Accanto al ministero dell’Innovazione non c’era nessun nome. Anzi. Probabilmente il ministero dedicato alla Trasformazione Digitale non era nemmeno menzionato. Un omissis che è stato corretto in corso d’opera. Alla guida delle politiche digitali è stato messo Alessio Butti, sottosegretario della Presidenza del Consiglio.

Una svista, forse. Ma poi il governo ha cercato di spingere per l’aumento del tetto dei contatti, ha provato a togliere le sanzioni per i commercianti che non accettavano piccoli pagamenti con il Pos, ha proposto di abolire lo Spidabolire lo Spid per puntare sulla carta di identità elettronica e ha prorogato solo in corner le ricette mediche digitali.

Non solo, ha anche ribadito il divieto di utilizzare gli smartphone a scuola. Un divieto che era già in vigore dal 2007 ma che questa volta è stato corredato anche da un report che paragona l’esposizione ai social network con l’uso di cocaina. Non sono solo paranoie da nerd. Nel Pnrr il capitolo sulla Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura vale da solo 40,32 miliardi di euro. Più di un'intera manovra finanziaria in anni normali.

La sovranità tecnologica

Qual è la strategia digitale del governo? A questa domanda piacerebbe rispondere anche a noi, almeno abbozzando un piano per grandi linee. Invece sembra che al momento nessuno voglia ancora svelare le prossime mosse. Lo stesso Alessio Butti non è esattamente prodigo di parole e in questi primi mesi di governo non ha concesso alla stampa molte uscite. Le sue parole sulla necessità di “spegnere lo Spid” sono state prima mitragliate dal fuoco amico della maggioranza e poi (anche questa volta) corrette in corsa.

Quello che si può intravedere, soprattutto guardando alla campagna elettorale di Fratelli d’Italia, è un percorso che punta alla Sovranità Tecnologica: una gestione dei processi di digitalizzazione più autonoma, sia a livello di software che di hardware. È di ieri la notizia che è stato attivato il Polo Strategico Nazionale. Questa infrastruttura si occuperà di gestire il cloud nazionalecloud nazionale, un servizio che nei prossimi anni metterà in rete i dati conservati negli archivi della pubblica amministrazione.

Il capitolo cybersecurity

Il governo di Mario Draghi ha lasciato un’eredità preziosa alla nuova legislatura. Nel dicembre del 2021 è nata ufficialmente l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), un organo che ha lo scopo di aumentare le difese del Paese davanti agli attacchi cyber. Al netto dei casi più clamorosi, come gli attacchi alle strutture sanitarie venete o le azioni vandaliche degli hacker vicini a Mosca, ogni giorno ci sono aziende italiane che vengono attaccate da cyber criminali. Soprattutto piccole e medie imprese.

Anche qui. Le cose stanno andando avanti da sole. Giusto una settimana fa Roberto Baldoni, direttore di ACN, ha firmato un accordo con il Direttore Generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini per una collaborazione sui temi della sicurezza digitale. Solo nella Manovra di Bilancio del 2023 sono stati stanziati 420 milioni di euro per l’attuazione della strategia di cyber security nel governo. E anche qui, non parliamo di briciole.

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Vengo dalla provincia di Milano e dagli anni '90. Questo non dice tutto di me, ma quasi. Ora Tech Reporter a Fanpage.it, prima cronista a Settegiorni, studente alla Scuola Walter Tobagi, stagista a RaiNews24, collaboratore al Corriere della Sera e membro della prima redazione di Open.
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