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Uno dei blob più caldi e densi della Terra rivela cosa accade nelle profondità del nostro Pianeta

Si trova quasi direttamente sotto le Isole Hawaii, a circa tremila chilometri dalla superficie, e la sua composizione suggerisce cosa dia origine alle catene vulcaniche come quelle hawaiane.
A cura di Valeria Aiello
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Di tutti gli elementi che costituiscono le profondità della Terra, i blob sono i più affascinanti ma anche tra i più complessi da interpretare. Questi enigmatici ammassi viscosi, di cui uno si trova quasi direttamente sotto le isole Hawaii, a circa 3.000 chilometri dalla superficie terrestre, prendono il nome di “zone a velocità ultra bassa”, chiamate così dal modo in cui le onde sismiche rallentano mentre le attraversano. Una nuova ricerca, appena pubblicata su Nature Communications, ha rilevato nel dettaglio la complessa variabilità di tali sacche rocciose, facendo luce sulle profondità del nostro Pianeta e quanto accade al suo interno.

I blob rocciosi rivelano cosa accade nelle profondità della Terra

L’interno della Terra, come noto, è costituito da rocce di diversa composizione che formano una serie di gusci concentrici: al centro si trova il nucleo di ferro e nichel, circondato da uno spesso strato noto come mantello, a sua volta racchiuso da un sottile guscio esterno, la crosta su cui viviamo. Nonostante il mantello sia costituito essenzialmente da roccia solida, è abbastanza caldo da scorrere molto lentamente. Queste correnti di convenzione interna alimentano il calore in superficie, guidando il movimento delle placche tettoniche e alimentando le eruzioni vulcaniche.

Al confine tra nucleo e mantello, i ricercatori hanno osservato una riduzione del 40% della velocità delle onde sismiche, alla base della zona a velocità ultra bassa sotto le Hawaii, supportando l’ipotesi secondo cui tale zona contenga molto più ferro delle rocce circostanti. “È possibile che questo materiale ricco di ferro sia un residuo di rocce della storia antica della Terra o anche che il ferro possa fuoriuscire dal nucleo in un modo sconosciuto” ha affermato la dott.ssa Sanne Cottaar, docente della Cambridge Earth Sciences e responsabile del progetto di ricerca.

Questa osservazione, resa possibile grazie ai più recenti metodi di modellazione numerica in grado di rivelare strutture su scala chilometrica tra nucleo e mantello, sta offrendo agli scienziati la possibilità di capire cosa dia origine a catene vulcaniche come le Isole Hawaii. In particolare, i ricercatori hanno iniziato a notare una correlazione tra la posizione dei vulcani attivi e le zone a velocità ultra bassa alla base del mantello, suggerendo che strutture simili a pennacchi (i cosiddetti plume) portino materiale del mantello caldo che si trova al confine nucleo-mantello fino alla superficie. “Stiamo davvero spingendo i limiti del moderno calcolo ad alte prestazioni per le simulazioni elastodinamiche, sfruttando le simmetrie d’onda inosservate o non utilizzate prima – ha affermato Huangdai Leng, sviluppatore del metodo di calcolo e coautore dello studio – . Ciò significa che possiamo migliorare la loro risoluzione di un ordine di grandezza rispetto alle precedenti indagini”.

Rappresentazione grafica della zona a velocità ultra bassa alla base del pennacchio (plume) hawaiano / Nature Communication
Rappresentazione grafica della zona a velocità ultra bassa alla base del pennacchio (plume) hawaiano / Nature Communication

Questo metodo, che sfrutta le onde sismiche dei terremoti per “vedere” sotto la superficie terrestre, rivela “immagini” delle strutture al confine tra nucleo e mantello e, in questi termini, le immagini della zona a velocità ultra bassa sotto le Hawaii hanno prodotto una rara prova fisica di quella che probabilmente è la radice del pennacchio che alimenta i vulcani hawaiani. “I basalti che eruttano dalle Hawaii hanno firme isotopiche anomale che potrebbero indicare un’origine della Terra primordiale o perdite dal nucleo – ha precisato Cottaar – . Ciò significa che parte di questo materiale denso accumulato alla base deve essere trascinato in superficie”.

Gli studiosi si concentreranno ora sull’acquisizione di ulteriori “immagini” per capire se anche altri punti caldi della superficie terrestre abbiano sacche di materiale denso alla base. Dove e come queste potranno essere ottenute dipenderà da dove si verificheranno i terremoti e da dove sono installati i sismometri per registrare le onde. L’obietto finale è quello di mappare il paesaggio geologico attraverso il confine nucleo-mantello e comprendere la sua relazione con le dinamiche e la storia evolutiva del nostro Pianeta.

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