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Cambiamenti climatici

Un’antichissima tecnica agricola può salvare i raccolti dai cambiamenti climatici

Con il crollo dei raccolti legato a siccità e fenomeni atmosferici estremi, in aumento a causa dei cambiamenti climatici, milioni di persone rischiano di morire di fame. Un aiuto prezioso può arrivare da una tecnica agricola utilizzata da migliaia di anni.
A cura di Andrea Centini
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Tra le conseguenze più drammatiche dei cambiamenti climatici vi è il crollo dei raccolti, che può lasciare milioni di persone malnutrite o addirittura senza cibo, come dimostrano i dati di un recente studio delll'Institute for Global Health University College London pubblicato su The Lancet. Il problema è ulteriormente acuito dall'incremento demografico mondiale, con sempre più bocche da sfamare e meno alimenti a disposizione per tutti. Secondo una nuova ricerca, per contrastare questo fenomeno può essere d'aiuto un'antichissima tecnica agricola, probabilmente nata assieme alla pratica 10mila anni fa: la policoltura basata su uno specifico mix di piante diverse, al posto delle dominanti monocolture dell'epoca moderna.

A determinare che la policoltura può essere una preziosissima alleata contro gli effetti del riscaldamento globale è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi del Giardino Botanico di New York del Dipartimento di Sviluppo Internazionale dell'Università Clark, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Archeologia dell'Università Simon Fraser (Canada), dell'Università di Sheffield (Regno Unito) e di altri istituti. I ricercatori, coordinati dal dottor Alex C. McAlvay dell'Istituto di Economia Botanica, hanno determinato l'efficacia della policoltura in un contesto climatico in costante e repentina mutazione verificandola sperimentalmente.

Le radici dello studio affondano nel 2011, quando il professor Morgan Ruelle, coautore dell'indagine, si imbatté in una strategia di coltivazione adottata in piccole comunità agricole in Africa, Caucaso e isole della Grecia. Essa si basa sul cosiddetto maslin, un insieme di grano, orzo, segale, miglio, avena, riso e altri cereali che vengono piantati tutti assieme, anziché a rotazione in base al periodo dell'anno. Questo mix garantisce una maggiore resa quando i campi coltivati vengono colpiti da fenomeni avversi e in rapido cambiamento, come dimostrato dal dottor McAlvay e colleghi. Le altissime temperature e la siccità distruggono più facilmente determinate piante, mentre le piogge alluvionali – più frequenti e violente violenza a causa dei cambiamenti climatici – sono in grado distruggerne altre o di favorirne la crescita. In pratica, al termine di una stagione difficile (in futuro ce ne saranno sempre di più) con il maslin ci sarà sempre qualcosa da raccogliere. Inoltre la composizione dei semi può anche essere modificata, in virtù delle condizioni climatiche attese. L'orzo, ad esempio, resiste di più alla siccità, mentre il grano predilige l'acqua.

In Etiopia, dove Ruelle vide questa tecnica per la prima volta, gli agricoltori usano i raccolti del maslin tutti insieme per fare pane, birra e altri prodotti, ma naturalmente possono anche essere separati per ottenere parti di singoli cereali e affini. La policoltura possiede anche altri benefici perché risponde meglio alle aggressioni dei parassiti, favorisce la biodiversità – a partire dagli insetti – e le procedure di fertilizzazione. Ma non è esente da problemi logistici. Uno dei principali risiede nel fatto che i processi di raccolta moderni spesso si basano su macchinari ultra specializzati destinati alle monocolture. In futuro potrebbe essere necessario modificarli per far fronte alle catastrofiche conseguenze dei cambiamenti climatici. Basti pensare che, nel 2021, rispetto al periodo di riferimento storico la stagione di crescita del mais si è ridotta di quasi 10 giorni, del riso di circa 2 giorni e del frumento di 6 giorni. Nella sola Australia, particolarmente colpita dal riscaldamento globale, la resa dei raccolti nel 2015 è scesa del 30 percento rispetto al 1990. Cali analoghi si sono verificati in alcune zone mediterranee e soprattutto in Africa. Non c'è da stupirsi che nel 2020 si calcola che circa 100 milioni di persone in più hanno sofferto la fame, segnalando insicurezza alimentare grave.

I ricercatori hanno dimostrato che la resa del maslin è superiore del 20 percento rispetto a quella del grano e dell'11 percento rispetto all'orzo coltivati singolarmente. In futuro l'antica tecnica della policoltura potrebbe dunque diventare fondamentale per proteggersi dall'emergenza climatica. I dettagli della ricerca “Cereal species mixtures: an ancient practice with potential for climate resilience. A review” sono stati pubblicati sulla rivista specializzata Agronomy for Sustainable Development.

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