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Un nuovo farmaco può aiutare il fegato a rigenerarsi

Sperimentato in test pre-clinici da un team di ricerca americano, ha dimostrato di poter accelerare l’auto-riparazione e la rigenerazione del fegato, aprendo la strada a nuove terapie per i pazienti con malattie epatiche.
A cura di Valeria Aiello
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Forse non tutti sanno che il fegato è un organo dotato della straordinaria capacità di rigenerarsi. Può infatti ricrescere senza mai perdere le sue funzioni anche dopo la rimozione chirurgica di due terzi della sua massa, sebbene i danni causati da farmaci, abuso di alcol o obesità possano alla fine causare insufficienza epatica. Alcuni dei meccanismi che regolano questa sua capacità non sono stati ancora del tutto chiariti, ma un recente studio ha permesso di scoprire che l’attivazione di una particolare proteina con un nuovo farmaco può aiutare il fegato ad accelerare la rigenerazione e l’auto-riparazione dopo gravi lesioni epatiche o asportazioni chirurgiche.

L'auto-riparazione e la rigenerazione del fegato

Il fegato svolge oltre 500 funzioni chiave nel nostro organismo, tra cui la produzione di proteine che trasportano il grasso attraverso il corpo, la conversione del glucosio in eccesso in glicogeno e la scomposizione di tossine come l’ammoniaca. Ad assolvere questi numerosi compiti sono le cellule epatiche, chiamate epatociti, con una strategia “divide et impera”, chiamata anche zonazione. Questa divide il fegato in tre zone con compiti differenti, le cui cellule sono abilitate a svolgere funzioni specializzate attraverso l’attivazione di geni specifici in ciascuna zona.

Come premesso, ciò che esattamente controlla l’espressione di questi geni non è ancora completamente chiarito, anche se negli ultimi due decenni sono stati compiuti grandi passi in avanti attraverso l’identificazione di un gruppo di diciannove proteine, chiamate Wnt, che svolgono un ruolo importante nel controllo della funzione e della rigenerazione del fegato, aiutando ad attivare il processo di riparazione nelle cellule epatiche danneggiate. Tuttavia, ad oggi non era stato compreso quali fossero effettivamente le proteine che controllano la zonazione e la rigenerazione, così come non era ancora stata fatta luce sulla loro esatta posizione nel fegato.

Per individuare queste proteine e risolvere l’enigma sulla loro origine, il team di ricerca del professor Satdarshan Monga della Divisione di Patologia Sperimentale della Scuola di Medicina dell’Università di Pittsburgh, negli Stati Uniti, ha utilizzato una nuova tecnica, chiamata cartografia molecolare, per mappare in modo completo l’espressione genica spaziale della funzione epatica. “Così abbiamo scoperto che solo due dei 19 geni Wnt , Wnt2 e Wnt9b, erano funzionalmente presenti nel fegato – ha spiegato il professor Monga in un articolo su The Conversation – . Abbiamo anche scoperto che Wnt2 e Wnt9b si trovavano nelle cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni nella zona 3 del fegato, un’area che svolge un ruolo in una serie di funzioni metaboliche”.

Come dettagliato nel nuovo articolo di ricerca pubblicato su Cell Reports Medicine, l’eliminazione di questi due geni Wnt in modelli murini ha comportato che tutte le cellule del fegato esprimessero solo geni tipicamente limitati alla zona 1, riducendo significativamente la funzione generale del fegato, nonché la sua rigenerazione. “Ciò ci ha suggerito che le cellule del fegato sperimentano un’attivazione continua di geni che può modificare le loro funzioni e che le Wnt sono le principali regolatrici di questo processo”.

Un nuovo farmaco accelera la rigenerazione epatica

In tal senso, i ricercatori hanno quindi deciso di testare se un nuovo farmaco, un anticorpo chiamato FL6.13 che è un agonista delle proteine Wnt, ovvero in grado di mimare la funzione di queste stesse proteine, potesse aiutare a recuperare la zonazione e la rigenerazione del fegato. “Quando abbiamo somministrato questo farmaco a topi geneticamente modificati per non avere Wnt2 e Wnt9b nelle cellule endoteliali del fegato, abbiamo scoperto che il farmaco è stato in grado di ripristinare quasi completamente la divisione cellulare del fegato e le funzioni di riparazione” ha aggiunto il professor Monga che, insieme al suo team ha anche verificato se il trattamento con questo stesso anticorpo fosse in grado di riparare i danni al fegato che, ad esempio, possono verificarsi in caso di sovradosaggio di paracetamolo.

Questa seconda serie di test pre-clinici, condotta sempre in modelli murini, ha confermato l’azione del farmaco. “Abbiamo scoperto che una dose è stata in grado di ridurre i biomarcatori del danno epatico nel sangue (le proteine che il fegato rilascia quando danneggiato, ndr) e ridurre la morte del tessuto epatico, indicando che si stavano verificando sia la riparazione delle cellule del fegato sia la rigenerazione dei tessuti” ha precisato l’esperto.

I risultati ottenuti dagli studiosi aprono quindi la strada alla sperimentazione di possibili nuove terapie che possano limitare il ricorso al trapianto di fegato in pazienti con malattie epatiche, per le quali attualmente sono disponibili pochissimi trattamenti efficaci. “Insieme al mio team – ha concluso Monga – , credo che migliorare la capacità del fegato di rigenerarsi possa aiutare ad eludere la necessità del trapianto per molti pazienti. In tal senso, ulteriori studi sui farmaci che promuovono la rigenerazione del fegato potranno aiutare a ridurre il carico di malattie del fegato in tutto il mondo”.

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