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Prevedere i terremoti forse è possibile: scoperti segnali premonitori rilevabili via GPS anni prima

Due studi guidati da uno scienziato italiano hanno determinato che esistono possibili segnali premonitori dei terremoti rilevabili via GPS. Sono visibili anni prima e a migliaia di chilometri di distanza dall’epicentro dell’evento sismico. Quali sono e perché potrebbero aiutare a prevedere i terremoti, mitigando il rischio sismico.
A cura di Andrea Centini
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Terremoto. Credit: Angelo Giordano / Pixabay
Terremoto. Credit: Angelo Giordano / Pixabay

Prevedere i terremoti è il sacro Graal della geofisica e della geologia, ma ad oggi, nonostante i progressi compiuti dalla ricerca anche grazie all'intelligenza artificiale – e in particolar modo al machine learning (apprendimento automatico) in grado di elaborare un'enorme mole di dati – capire esattamente dove, come, quando e con quale magnitudo si scatenerà un sisma è impossibile. Lo aveva ricordato a Fanpage.it anche il sismologo dell’ETH di Zurigo Luca Dal Zilio, che a seguito del devastante terremoto di magnitudo 7.8 che colpì Turchia e Siria all'inizio del 2023 sottolineò che non è possibile “prevedere i terremoti in maniera deterministica”, pertanto “non possiamo dire se ci sarà un terremoto”. Questa è la situazione attuale, ma il futuro potrebbe riservarci importanti novità, come emerge da pionieristici studi che vanno a caccia di indizi sibillini.

Due nuove ricerche, basate su un approccio inedito, suggeriscono infatti che segnali premonitori rilevabili tramite GPS potrebbero essere potenzialmente utilizzati per “mitigare il rischio sismico”. In altri termini, potrebbero essere sfruttati per determinare l'eventuale innesco di un terremoto e dunque far scattare misure di prevenzione. Siamo chiaramente ancora ben lontani dal poter determinare con precisione l'epicentro di un evento sismico e la sua intensità, in pratica il dove e quando, ciò nonostante si tratta di informazioni preziose che, se introdotte nei nuovi e sofisticati modelli predittivi, potrebbero portare all'individuazione di zone particolarmente suscettibili a un evento di portata significativa.

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Tali segnali sono intimamente connessi ai movimenti delle placche tettoniche, lungo le cui faglie si accumula lo stress – per periodi più o meno lunghi – che poi si attenua sensibilmente attraverso i terremoti, liberando enormi (e spesso catastrofiche) quantità di energia. Pur essendo scientificamente consolidato che i movimenti delle placche tettoniche giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo degli eventi sismici, sul fenomeno opposto ci sono forti dubbi nella comunità scientifica. In pratica, si dubita del fatto che i terremoti stessi siano in qualche modo in grado di influenzare i moti delle placche (e con essi il rischio di future scosse). Studi recenti suggeriscono il contrario; i terremoti sarebbero perfettamente in grado di influenzare i moti delle placche tettoniche. Tale effetto risulta fra l'alto ben misurabile attraverso il segnale GPS, il sistema di navigazione e posizionamento basato su satelliti che indica lo spostamento di un oggetto sulla Terra (che può essere uno smartphone, un'auto o appunto un'intera placca tettonica).

Le due ricerche di cui sopra, attraverso l'analisi dei due grandi terremoti de L'Aquila del 2009 e del Wuenchan del 2008 , dimostrano che i segnali premonitori rilevabili tramite GPS sono lontani nel tempo e nello spazio rispetto all'evento sismico. A condurre entrambi gli studi il professor Giampiero Iaffaldano, docente di Geofisica della Terra solida dell’Unità di Scienze della Terra al Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale presso l’Università di Parma. Per quanto concerne il terremoto di magnitudo 6.3 del 6 aprile 2009 de L’Aquila, condotto in collaborazione col dottor William K. Callum dell'Università di Copenaghen, l'analisi dei dati del Global Navigation Satellite Systems (GNSS) ha evidenziato che nell'arco dei 6 anni antecedenti al sisma il movimento della placca di Adria ha rallentato del 20 percento. La stessa percentuale è stata rilevata analizzando il movimento delle microplacche della Cina meridionale, coinvolte nel grande terremoto di magnitudo 7.9 che ha colpito il Wenchuan nel 2008. “I dati GNSS e le incertezze associate indicano un rallentamento del movimento delle placche fino al 20 percento che va oltre il possibile impatto del rumore dei dati ed è quindi tettonicamente significativo”, hanno spiegato Iaffaldano e colleghi nel secondo studio.

Il movimento delle placche prima e dopo il terremoto in Cina. Credit: Scientific Reports
Il movimento delle placche prima e dopo il terremoto in Cina. Credit: Scientific Reports

“Penso che l’interesse scientifico di questa scoperta è che apre una nuova prospettiva, mai considerata prima, sulla mitigazione di rischio sismico”, ha dichiarato il professor Iaffaldano in un comunicato stampa dell'ateneo di Parma. “Per dirla in soldoni, solitamente si cercano segnali precursori nei mesi o giorni precedenti i grandi terremoti, e nelle immediate vicinanze di faglie notoriamente attive. Questi studi dimostrano che il ciclo sismico (il lento accumulo di energia seguito dal terremoto) è in grado di modificare il moto di intere placche tettoniche, che viene misurato negli anni attraverso reti di stazioni GPS dislocate a centinaia o addirittura migliaia di chilometri di distanza da quello che sarà in seguito l’epicentro. Questo implica che ci sono segnali potenzialmente precursori anche anni prima e a grandi distanze dai grandi terremoti. La prospettiva di sfruttare questi segnali nelle valutazioni di rischio sismico è qualcosa di assolutamente nuovo”, ha chiosato l'esperto.

Ricordiamo che recentemente uno studio dell'Università del Texas ad Austin pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Science ha determinato che ci sarebbe un altro segnale premonitore dei grandi terremoti, ovvero l'attrito che si registra lungo le superfici di faglia. In parole semplici, se la faglia coinvolta si ricostituisce in maniera lenta ha più probabilità di non scatenare un nuovo violento sisma, se invece si rafforza rapidamente saremmo innanzi al preludio di un altro fenomeno sismico energetico. Un sistema di allerta precoce chiamato Early Warning Sismico avrebbe invece tracciato in modo preciso l'entità e l'area del terremoto in Turchia e Siria dello scorso anno. I dettagli dei due nuovi studi sono stati pubblicati sul Journal of Geophysical Research: Solid Earth e su Scientific Reports.

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