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Perché molti fumatori non sviluppano il cancro ai polmoni: svelato il possibile segreto

Filo al 20% dei fumatori sviluppa il cancro ai polmoni, che uccide 90 italiani al giorno. Gli scienziati hanno forse capito il perché non tutti si ammalano.
A cura di Andrea Centini
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Il cancro al polmone è il primo dei “big killer” in Italia, con oltre 33mila decessi provocati all'anno, circa 90 ogni giorno. Il principale fattore di rischio per questa aggressiva e letale malattia oncologica è il vizio del fumo, vero e proprio volano per il carcinoma polmonare. Non a caso il fumo è inserito nell'elenco delle sostanze sicuramente cancerogene dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Eppure non tutti i fumatori si ammalano di cancro, nemmeno quelli accaniti che aspirano più di un pacchetto di “bionde” al giorno. Com'è possibile? La scienza potrebbe aver trovato la spiegazione in una sorta di scudo genetico, un meccanismo che protegge le cellule polmonari dalle mutazioni al DNA e dal conseguente rischio di tumore.

A determinare la possibile ragione per cui molti fumatori non sviluppano il cancro ai polmoni è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Albert Einstein College of Medicine di New York, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Institute on the Biology of Aging and Metabolism dell'Università del Minnesota, del Dipartimento di Biologia del Touro College, dell'Università Shanghai Jiao Tong e di altri centri di ricerca. Gli scienziati, coordinati dal professor Jan Vijg, docente di genetica, oftalmologia e scienze visive presso l'ateneo del Bronx, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver sequenziato l'intero genoma delle cellule basali bronchiali prossimali di decine di pazienti, con un'età compresa tra gli 11 e gli 86 anni. Si tratta delle cellule polmonari più esposte al rischio di cancro.

Il professor Vijg e i colleghi hanno coinvolto 33 partecipanti in tutto, dei quali 14 non fumatori e 19 fumatori (44 – 81 anni), suddivisi in fumatori occasionali, moderati e forti, fino a un massimo di 116 pacchetti anno (un pacchetto anno, spiegano i ricercatori in un comunicato stampa, equivale a 1 pacchetto di sigarette al giorno fumato per un anno). Incrociando i dati genomici ottenuti dal sequenziamento delle cellule bronchiali – prelevate durante una broncoscopia – i ricercatori hanno osservato che le mutazioni si accumulavano normalmente nelle cellule dei non fumatori con il passare degli anni, mentre in quelle dei fumatori ce n'erano molte di più, catalizzate proprio dall'effetto cancerogeno del fumo. “Questo conferma sperimentalmente che il fumo aumenta il rischio di cancro ai polmoni aumentando la frequenza delle mutazioni, come precedentemente ipotizzato”, ha dichiarato il dottor Simon Spivack, coautore dello studio. “Questo è probabilmente uno dei motivi per cui così pochi non fumatori si ammalano di cancro ai polmoni, mentre accade dal 10 al 20 percento dei fumatori”, ha aggiunto l'esperto.

Il dato più significativo della ricerca è emerso mettendo in relazione l'aumento delle mutazioni col passare degli anni; i ricercatori hanno notato che mutazioni e numero di anni trascorsi a fumare crescevano assieme in modo lineare, tuttavia, dopo 23 anni di esposizione (equivalente a un pacchetto di sigarette al giorno fumato per tutto questo tempo) le mutazioni dei fumatori non aumentavano più. In altri termini, dopo tanti anni di esposizione al fumo non si notava più il progressivo incremento nella frequenza delle mutazioni. “I fumatori più accaniti non avevano il carico di mutazione più elevato”, ha spiegato il dottor Spivack. “I nostri dati suggeriscono che questi individui potrebbero essere sopravvissuti così a lungo nonostante il forte vizio del fumo perché sono riusciti a sopprimere un ulteriore accumulo di mutazioni. Questo livellamento delle mutazioni potrebbe derivare dal fatto che queste persone hanno sistemi molto competenti nel riparare i danni al DNA o disintossicare il fumo di sigaretta”, ha aggiunto lo scienziato. In pratica, avrebbero una sorta di scudo genetico che permette di riparare i danni innescati dal fumo e scongiurare così il rischio di cancro.

L'obiettivo degli scienziati è ora capire qual è la capacità di una singola persona di riparare questi danni e dunque comprendere chi è più o meno esposto al rischio di cancro ai polmoni, sebbene sia doveroso ricordare che il fumo sia solo uno dei molteplici fattori in gioco, che abbracciano anche lo stile di vita, la sedentarietà, l'uso di alcol e molto altro ancora. I dettagli della ricerca “Single-cell analysis of somatic mutations in human bronchial epithelial cells in relation to aging and smoking” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Genetics.

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