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Guerra in Ucraina

Perché la distruzione della diga in Ucraina è uno dei peggiori disastri ambientali in Europa

La distruzione dell’enorme diga di Nova Kakhovka sul fiume Dnipro, in Ucraina, è considerata tra i più grandi disastri ambientali in Europa. Ecco per quale motivo e quali sono i rischi.
A cura di Andrea Centini
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Come accaduto per altri drammatici eventi verificatisi durante il conflitto in Ucraina, anche la distruzione della diga Nova Kakhovka sul fiume Dnipro è al centro di accuse incrociate tra la Russia e il Paese invaso. Kiev sostiene che sia stato l'esercito russo a danneggiarla, per rallentare in qualche modo la preannunciata, grande controffensiva, come spiegato a Fanpage.it dal generale Chiapperini; Mosca a sua volta accusa l'Ucraina poiché la grande diga si trova nei territori occupati dai russi e gioca un ruolo strategico nell'approvvigionamento idrico di vaste regioni, Crimea compresa. Nessuno dei due Paesi ha fornito prove sulla presunta responsabilità dell'altro, pur essendo chiaro quale tra i due è l'aggressore.

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Al netto del nome degli autori, ciò che è certo è che ci troviamo innanzi a uno dei disastri ambientali peggiori nella storia recente dell'Europa. Secondo alcuni il collasso sarebbe persino paragonabile all'incidente alla centrale nucleare di Chernobyl avvenuto nel 1986, anch'esso accaduto in Ucraina. Sebbene i danni effettivi diventeranno più evidenti nei prossimi giorni, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha già parlato – a ragione – di “disastro ambientale di distruzione di massa” ed “ecocidio”, vista la portata della diga e la vastissima regione interessata dalla sua acqua.

Per comprendere meglio le conseguenze del disastro è doveroso spendere qualche riga sulle caratteristiche sulla diga di Nova Kakhovka. Si tratta – o meglio, si trattava – di una infrastruttura immensa, alta 30 metri e larga centinaia di metri, con un serbatoio di 18 miliardi di metri cubi d'acqua, come spiegato al Guardian dal professor Mohammad Heidarzadeh, docente presso il dipartimento di architettura e ingegneria civile all'Università di Bath (Regno Unito). È fra le più grandi d'Europa, ma sicuramente non tra le più moderne. Fu infatti costruita negli anni '50 del secolo scorso ed è una delle sei dighe di epoca sovietica realizzate sul fiume Dnipro o Dnepr, che si snoda per oltre 2.000 chilometri tra Russia, Bielorussia e Ucraina, fino a sfociare nel Mar Nero. È il quarto fiume più lungo del Vecchi Continente. Uno dei problemi principali di questa diga, come indicato dal professor Heidarzadeh a Science Media Center, risiede nel fatto che è composta da ghiaia e roccia con un cuore di argilla. “Queste tipologie di dighe sono estremamente vulnerabili e di solito vengono spazzate via rapidamente in caso di rottura parziale. Un danno parziale è sufficiente a causare un crollo completo della diga perché il flusso d'acqua può facilmente spazzare via i materiali dal corpo della diga in sole poche ore”, ha chiosato l'esperto.

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In parole semplici, la diga sarebbe destinata alla progressiva e completa distruzione, riversando a valle un'enorme quantità di acqua, ma non solo. Come spiegato alla CNN dal dottor Ihor Syrota, amministratore delegato di Ukrhydroenergo, la più grande società che si occupa di energia idroelettrica in Ucraina, nella centrale associata alla diga ci sono ben 400 tonnellate di olio utilizzato per alimentare le turbine, che rischiano di fuoriuscire completamente dalla struttura. “Tutto dipende dal livello di distruzione delle unità e di questa attrezzatura. Se il danno è esteso, tutto l'olio fuoriuscirà”, ha chiosato Syrota. Al momento assieme alla valanga d'acqua ne sono uscite 150 tonnellate, come specificato dal presidente Zelensky.

L'acqua contaminata ha già allagato decine di insediamenti urbani a valle (provocando un numero imprecisato di morti e dispersi) e terreni agricoli recentemente coltivati, costringendo migliaia di persone a fuggire dalle proprie case sommerse e abbandonare tutto. Tra le principali vittime della fase iniziale del disastro vi sono soprattutto gli animali, sia domestici che i selvatici. Oltre ai 300 animali dello zoo di Nova Kakhovka rimasti uccisi, come indicato dal ministero della Difesa ucraino, sono state completamente allagate le preziosissime zone umide lungo le sponde del Dnipro, facendo strage di uccelli, anfibi, rettili e altri piccoli animali. Questo è un periodo critico per la riproduzione degli uccelli e tutte le covate e i piccoli che stavano crescendo a valle molto probabilmente stati spazzati via dalla furia dell'acqua. Anche il numero di pesci è destinato a calare drammaticamente dopo il disastro. Vi sono inoltre a riscio alcune specie endemiche, cioè che vivono solo in queste aree e in nessun'altra parte del mondo, come ad esempio un ratto talpa cieco. La Reuters ha segnalato che sono stati già gravemente danneggiati dalla piena incontrollabile due parchi nazionali e la Riserva della biosfera del Mar Nero dell'Ucraina.

Le preoccupazioni non riguardano la sola acqua, gli oli e i lubrificanti delle turbine fuoriusciti dalla centrale e che si stanno riversando nel Mar Nero, ma anche i pesticidi e le altre sostanze chimiche utilizzate per coltivare i vastissimi terreni agricoli della regione. Questi composti rischiano di diffondersi praticamente in tutta l'area alluvionata, contaminando zone abitate e riserve naturali per un tempo indeterminato. Un altro grave pericolo, come spiegato dall'ONU, è rappresentato dagli ordigni bellici (soprattutto mine) piazzati sulle due sponde del Dnipro dai due eserciti, che rischiano di di essere trascinate in zone considerate sicure e nel cuore dei centri abitati, mettendo in pericolo la vita di persone e animali per i prossimi decenni. Le mine infatti galleggiano e possono disperdersi ovunque a causa dell'alluvione. Si ricorda che la diga è a soli 30 chilometri a Est dalla città di Kherson, liberata nei mesi scorsi dagli ucraini ma costantemente bombardata dai russi.

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Non va dimenticato che a monte si trova anche la centrale nucleare di Zaporizhzhia, che riceve acqua da bacini alimentati dalla diga distrutta destinata al raffreddamento dei reattori e dei generatori diesel. Al momento non ci sono pericoli immediati perché nei pressi della centrale c'è un grande bacino utilizzato per le emergenze, inoltre la linea di fornitura principale sta calando “solo” di pochi centimetri al giorno. Si ritiene che per i prossimi mesi la centrale sarà al sicuro da questo specifico punto di vista, ma non è chiaro cosa accadrà successivamente.

Dalla diga di Nova Kakhovka dipende l'approvvigionamento idrico di intere regioni, che potrebbero restare letteralmente a secco senza il suo contributo. Senz'acqua la popolazione civile potrebbe essere costretta ad abbandonare territori vastissimi, che da floridi e fertili potrebbero essere trasformati in deserti. E i problemi andranno ben oltre i confini ucraini. “È ovvio che il cedimento di questa diga avrà sicuramente conseguenze negative ecologiche e ambientali a lungo termine non solo per l'Ucraina ma anche per i Paesi e le regioni limitrofe”, ha infatti spiegato il professor Heidarzadeh. Tra le nazioni potenzialmente colpite la Romania, la Turchia, la Georgia e altre. Siamo innanzi a un vero e proprio disastro ambientale e umanitario, che ha già provocato danni enormi e vittime, ma le conseguenze a lungo termine potrebbero essere catastrofiche.

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