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Perché il vulcano Hunga Tonga è esploso e quali sono i rischi

La devastante eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Haʻapai ha cancellato un’isola e scatenato fenomeni a livello globale. Ecco quali sono i rischi.
A cura di Andrea Centini
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Poco dopo le 5 del mattino di sabato 15 gennaio 2022 (ora italiana) una violentissima eruzione ha letteralmente cancellato dalle cartine geografiche Hunga Tonga-Hunga Haʻapai, un'isola vulcanica appartenente al Regno di Tonga sorta da una precedente eruzione dell'omonimo vulcano sottomarino, lo stesso che le ha annientate. L'isola, fortunatamente disabitata, era originata a seguito dell'eruzione 2014/2015 come conseguenza della fusione delle due isole Hunga Tonga e Hunga Haʻapai, che rappresentavano il margine occidentale e settentrionale della caldera del vulcano. Il “mostro” sottomarino fa parte di una serie di vulcani legata alla famigerata cintura di fuoco del Pacifico, l'area con la maggiore attività sismica ed eruttiva del pianeta. Si calcola che circa il 90 percento dei terremoti sulla Terra sia associato alla cintura di fuoco, la cui esistenza è dovuta al movimento di subduzione tra le placche continentali e quelle oceaniche. È una regione geologicamente instabile in cui possono verificarsi fenomeni straordinariamente potenti, proprio come quello dell'Hunga Tonga.

Credit: US Stormwatch
Credit: US Stormwatch

Come indicato, l'eruzione del 15 gennaio è stata solo l'ultima di una serie di violenti processi esplosivi che hanno coinvolto l'area negli ultimi decenni. La nuova fase ebbe inizio il 16 marzo del 2009, quando ci fu un'improvvisa eruzione del vulcano sottomarino dopo un periodo di relativa tranquillità. Sull'isola di Hunga Haʻapai, all'epoca caratterizzata da una fitta vegetazione, la flora e la fauna furono completamente spazzate via. Dal materiale eruttivo originarono nuove terre emerse che riscrissero la geografia della zona. Il vulcano rimase nuovamente dormiente fino alla fine del 2014, quando vari eventi sismici ed eruttivi interessarono l'area a nord di Tonga (il vulcano Hunga Tonga-Hunga Haʻapai si trova a circa 65 chilometri a nord di Tongatapu, l'isola principale del Regno di Tonga). L'eruzione del vulcano sottomarino iniziò il 19 dicembre e proseguì a intermittenza con fenomeni più o meno violenti fino al 26 gennaio del 2015, quando i geologi di Tonga dichiararono la fine dell'eruzione. Anche in quel caso si originarono nuovi “pezzi” di terra emersa, ma soprattutto le due isole più grandi si fusero in una sola, lunga circa 5 chilometri e alta un centinaio di metri. Alcuni nuovi isolotti furono distrutti dal moto ondoso nei mesi successivi.

Vista la natura instabile dell'intera area e del vulcano sottomarino, era solo questione di tempo prima che iniziasse un nuovo ciclo di devastanti eruzioni. La prima dell'ultima, catastrofica serie si è verificata il 20 dicembre 2021, con varie esplosioni udibili fino a 170 chilometri di distanza. Il 5 gennaio l'attività vulcanica si è conclusa ma ha ripreso con maggior vigore il 13 gennaio, generando una nuvola di ceneri, vapore e gas alta ben 17 chilometri. Ma non era niente in confronto a ciò che si è verificato un paio di giorni dopo. L'eruzione del 15 gennaio, infatti, è stata almeno sette volte più potente di quella di dicembre, producendo effetti rilevabili su scala globale. L'esplosione è stata catturata dai satelliti, mostrando alcune delle immagini più drammatiche e spettacolari di un'eruzione vulcanica.

Come specificato dalla pagina di divulgazione scientifica “Chi ha paura del buio?”, si stima che la nube di materiale sprigionata dal vulcano abbia raggiunto i 20-30 chilometri di altezza, mentre il diametro è stimato in 450 chilometri. Qui di seguito il video dell'esplosione sovrapposta alla cartina geografica dell'Italia.

Gli esperti ritengono che eruzioni potentissime come quelle del 15 gennaio si verifichino nel cuore della caldera del vulcano, che si trova a 150 metri di profondità. La loro frequenza da indagini precedenti è stimata in mille anni. L'enorme potenza esplosiva dell'evento non sarebbe legata alla sola interazione tra il magma e l'acqua, come avviene per le eruzioni minori, ma ci sarebbero grandi quantità di magma fresco carico di gas eruttato direttamente dalla caldera. Secondo il professor Shane Cronin, docente di Scienze della Terra presso l'Università di Auckland, l'evento devastante sarebbe il segnale del suo risveglio. Non è chiaro se l'eruzione abbia determinato la stabilizzazione del sistema, dunque non si escludono altri fenomeni importanti nei prossimi giorni o per un periodo più lungo. Al momento l'intera area è sotto una gigantesca coltre di cenere, gas e vapore; ci vorrà del tempo per comprendere appieno le conseguenze. Al momento si esclude un impatto sul clima come avvenuto per altre grandi eruzioni vulcaniche, come quelle del Pinatubo e del Krakatoa, che hanno determinato un abbassamento della temperatura media a causa del materiale proiettato in atmosfera.

La violenza del fenomeno ha generato uno tsunami con onde di oltre 1 metro che hanno colpito le altre isole del Regno di Tonga, mentre nelle Samoa americane sono arrivate onde di 60 centimetri. Lo tsunami ha raggiunto coste lontanissime, comprese quelle del Giappone (dove diverse imbarcazioni sono rimaste danneggiate) e del continente americano. A causa dell'onda anomala sono morte annegate due donne in Perù, mentre due pescatori sono rimasti feriti in California. Il potentissimo boato dell'eruzione è stato udito nelle isole Fiji, a 700 chilometri di distanza, mentre a sette ore dall'evento l'onda sonora ha raggiunto anche l'Alaska. Boati sono stati uditi anche in Australia e Nuova Zelanda, fino a una distanza di oltre 9mila chilometri dall'evento. L'onda d'urto dell'esplosione è stata rilevata dai barometri di tutto il mondo, con picchi di pressione registrati molte ore dopo l'evento. In Italia l'onda di pressione è stata rilevata dalle stazioni meteorologiche 18 ore dopo il devastante evento.

I danni provocati dall'eruzione dell'Hunga Tonga devono ancora essere determinati; sull'Isola di Tonga si ritiene che internet non sarà accessibile per almeno altre due settimane, dato che il fenomeno ha spezzato il cavo che permetteva la connessione. Si registrano blackout delle telecomunicazioni e le isole sono ricoperte di cenere. Si stima che poco meno di 100mila persone possano essere in difficoltà a seguito dell'evento. L'aviazione neozelandese ha inviato aerei da ricognizione per verificare l'entità dei danni, mentre altri Paesi – tra i quali l'Australia – stanno approntando aiuti economici.

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