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Ora sappiamo quando l’essere umano ha iniziato a cuocere il cibo

Gli scienziati hanno scoperto le più antiche prove di cottura del cibo dell’uomo preistorico in un sito israeliano. Cuocevano grandi pesci simili a carpe.
A cura di Andrea Centini
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Secondo gli antropologi la cottura del cibo è uno dei fattori più significativi nell'evoluzione dell'essere umano, avendo permesso ai nostri antenati di sviluppare nuovi sistemi sociali e comportamentali che a loro volta hanno favorito la crescita del cervello. In parole semplici, se avessimo continuato a consumare la carne cruda – probabilmente – oggi non saremmo dei primati così intelligenti. Ma nonostante la fondamentale importanza della cucina nella nostra storia evolutiva, ci sono pochissime prove di quando gli antichi esseri umani hanno iniziato a controllare il fuoco per cuocere gli animali cacciati. Lo studio “Researching the Nature of Fire at 1.5 Mya on the Site of FxJj20 AB, Koobi Fora, Kenya, Using High-Resolution Spatial Analysis and FTIR Spectrometry”, ad esempio, suggerisce che la pratica potrebbe essere iniziata 1,7 milioni di anni fa in Africa, ad opera dell'Homo erectus, tuttavia gli indizi sono frammentari e non conclusivi. Fino ad oggi le prove della più antica ed effettiva cottura dei cibi risalivano solo a 170mila anni fa, ma grazie a una nuova è affascinante scoperta in Israele è possibile spostare indietro le lancette delle prime pietanze cucinate di oltre 600mila anni, ovvero a 780mila anni fa.

A scoprire che le prime prove della cucina umana (perlomeno in Eurasia) risalgono a 780mila anni fa è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati israeliani dell'Università di Tel Aviv e del Beit Margolin – Oranim Academic College of Education, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Studi e Archeologia della Terra d'Israele – Università Bar-Ilan, dell'Università Ebraica di Gerusalemme e Istituto di Geoscienze, dell'Università Johannes Gutenberg di Mainz (Germania) e di altri istituti. Gli scienziati, coordinati dalla dottoressa Irit Zohar, ricercatrice presso il Museo di Storia Naturale Steinhardt, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i resti di un grande pesce rinvenuto nei pressi di un focolare preistorico, nel sito archeologico del Pleistocene medio di Gesher Benot Ya'aqov (GBY). I ricercatori affermano che il sito era frequentato da comunità di cacciatori-raccoglitori che andavano a pesca nel limitrofo lago Hula, oggi estinto. Qui vivevano grandi specie di pesci ciprinidi come il Luciobarbus longiceps e il Carasobarbus canis, simili alle carpe.

“Questi gruppi hanno utilizzato una ricca gamma di risorse fornite dall'antica valle di Hula e hanno lasciato un lungo continuum di insediamenti”, ha spiegato in un comunicato stampa la professoressa Naama Goren-Inbar, coautrice dello studio. Gli scavi nel sito hanno portato alla luce la cultura materiale di questi antichi ominidi, tra cui strumenti di selce, basalto e calcare, nonché le loro fonti alimentari, caratterizzate da una ricca diversità di specie vegetali del lago e delle sue rive (tra cui frutti , noci e semi) e da molte specie di mammiferi terrestri, sia di taglia media che grande”, ha aggiunto la scienziata.

Sottoponendo i resti dei pesci a vari tipi di indagini geochimiche – compresa la diffrazione ai raggi X – hanno scoperto delle alterazioni nei cristalli dello smalto, che si verificano solo attraverso l'esposizione ad alte temperature comprese tra i 200 e i 500 gradi Celsius. Gli scienziati sottolineano che è facile osservare le alterazioni provocate su una carcassa che brucia tra le fiamme (ad esempio a causa di un incendio), mentre è molto più complicato rilevare quelle della cottura, con fuoco controllato e temperature meno "infernali". È proprio ciò che è stato osservato nei denti dei grossi pesci, segno evidente che furono cotti per essere mangiati e non lasciati bruciare. “Non sappiamo esattamente come venivano cotti i pesci, ma data la mancanza di prove di esposizione ad alte temperature è chiaro che non venivano cotti direttamente nel fuoco, e che non venivano gettati nel fuoco come rifiuti o come materiale da bruciare”, ha chiosato il dottor Jens Najorka, coautore dello studio. Dunque li cuocevano per mangiarli. I dettagli dell'affascinante ricerca “Evidence for the cooking of fish 780,000 years ago at Gesher Benot Ya’aqov, Israel” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Ecology & Evolution.

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