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Ora sappiamo perché pensare intensamente ci fa sentire stanchi e affaticati

Lo ha scoperto un team di ricerca francese che ha studiato gli effetti dell’intensa attività mentale, come quella che possiamo sperimentare alla fine di una giornata di lavoro al computer.
A cura di Valeria Aiello
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Probabilmente a tutti, almeno una volta nella vita, sarà capitato di sentirsi particolarmente stanchi dopo essere stati semplicemente seduti a riflettere o pensare per alcune ore. Perché accade? E cos’è che ci fa sentire affaticati? Lo ha scoperto un team di ricerca francese che, nell’ambito di uno studio condotto presso l’ospedale Pitié-Salpêtrière di Parigi, ha voluto capire quali siano i reali effetti dell’attività mentale. Per la loro indagine, gli studiosi hanno utilizzato la spettroscopia di risonanza magnetica (MRS) per monitorare il livello di alcuni metaboliti nel cervello ed esaminato cosa accade quando pensiamo intensamente.

Il loro sospetto era che il motivo per cui ci sentiamo stanchi avesse a che fare con la necessità di smaltire sostanze potenzialmente tossiche che derivano dall’attività neurale, ma quanto osservato dai ricercatori è stato più simile a un’alterazione funzionale, che rappresenta un allarme al quale il cervello risponde facendoci sentire affaticati. “Teorie influenti hanno suggerito che la fatica fosse una sorta di illusione escogitata dal cervello per farci interrompere le nostre attività e farci passare a qualcosa di più gratificante – ha spiegato il professor Mathias Pessiglione del Paris Brain Institute (ICM) dell’Ospedale Pitié-Salpêtrière – . Ma i nostri risultati mostrano che il lavoro cognitivo si traduce in un accumulo di sostanze nocive, per cui la fatica sarebbe un vero e proprio segnale che ci fa smettere di lavorare, ma per uno scopo diverso: preservare l’integrità del funzionamento del cervello”.

Perché pensare ci fa sentire affaticati

In particolare, come descritto in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Current Biology, i ricercatori hanno identificato alcuni segni caratteristici dell’affaticamento mentale, inclusa una ridotta dilatazione della pupilla e uno spostamento verso la scelta di azioni con ricompense nel breve termine e basso sforzo mentale. Ma soprattutto, in seguito a un’intensa e prolungata attività mentale, come quella che possiamo sperimentare alla fine di una giornata di lavoro al computer, hanno rilevato livelli più elevati di glutammato nelle sinapsi della corteggia prefrontale del cervello, che supporterebbero l’idea che l’accumulo renda più costosa un’ulteriore attivazione della corteccia prefrontale.

In altre parole, livelli elevati di glutammato, un metabolita che normalmente nel cervello svolge il ruolo di principale neurotrasmettitore eccitatorio, andrebbero ad innescare un meccanismo di regolazione che rende l’attivazione della corteccia prefrontale laterale più costosa, spiegando perché concentrarsi sia più difficile dopo un’attività mentale intensa.

Oltre a fornire una spiegazione della sensazione di stanchezza, che deriverebbe dunque dalla necessità di limitare il rilascio di questo neurotrasmettitore, il monitoraggio dei metaboliti nella corteggia prefrontale del cervello potrebbe avere implicazioni pratiche. Secondo gli studiosi, potrebbe aiutare a rilevare le situazioni di grave affaticamento mentale oppure a sviluppare di programmi di lavoro tali da prevenire l’accumulo di glutammato.

Più in generale, il consiglio per cercare di ovviare agli effetti dell’intensa attività mentale ed evitare la stanchezza è quello di provare a gestire tempi e modi della propria attività mentale e cercare di riposare correttamente. “Ci sono buone prove che il glutammato venga eliminato dalle sinapsi durante il sonno – ha precisato Pessiglione – . Pertanto riposare e dormire bene la notte possono essere sufficienti a ridurre l’affaticamento da glutammato”.

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