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Covid 19

Omicron ha infettato i cervi di New York, si teme l’emergere di nuove varianti

I ricercatori hanno individuato quasi 20 infezioni nei cervi dalla coda bianca che vivono nel distretto di Staten Island: “Così può evolvere in nuove varianti”
A cura di Valeria Aiello
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Quasi 20 infezioni da Omicron sono state individuate nei cervi dalla coda bianca che vivono nel distretto di Staten Island, a New York. Si tratta della prima prova di un salto di specie legato alla più recente variante di preoccupazione, un fenomeno chiamato spillover per cui un patogeno passa da una specie animale (in questo caso l’uomo) a una nuova specie ospite (il cervo dalla coda bianca).

La scoperta arriva da un team di ricerca della Pennsylvania State University che, nel periodo compreso tra dicembre 2021 e gennaio 2022, ha analizzato campioni di sangue e alcuni tamponi nasali di 131 cervi dalla coda bianca, rivelando che quasi il 15% (19 esemplari) aveva anticorpi contro Sars-Cov-2. “È importante sottolineare – scrivono gli autori dell’indagine nel loro rapporto in preprint su BioRxivche l’RNA di Sars-Cov-2 è stato rilevato nei tamponi nasali di 7 dei 68 (10,3%) cervi campionati e il sequenziamento dell’intero genoma ha identificato che la variante Omicron sta circolando tra i cervi della coda bianca a Staten Island”. Le analisi volte a studiare l’origine genetica del virus hanno inoltre rivelato che “le sequenze di Omicron nei cervi si sono raggruppate strettamente con altre sequenze di Omicron recentemente riportate in infezioni negli esseri umani a New York e altrove, e sono coerenti con lo spillover da uomo a cervo”.

Non è la prima volta che infezioni da Sars-Cov-2 vengono rilevate nei cervi della coda bianca. In uno studio condotto lo scorso anno, i ricercatori della Pennsylvania State University hanno identificato il virus in circa un terzo dei cervi dalla coda bianca campionati nello Iowa tra settembre 2020 e gennaio 2021. E anche un altro gruppo di ricerca lo ha individuato in un terzo dei cervi campionati in Ohio tra gennaio e marzo 2021. Secondo quanto riportato Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, infezioni da coronavirus nei cervi dalla coda bianca sono state rilevate in 15 stati americani.

 "Così può evolvere in nuove varianti"

Non ci aspettavamo di trovare un tale livello di infezione – ha affermato Suresh Kuchipudi, autore principale del nuovo studio e direttore associato dell’Animal Diagnostic Laboratory presso la Pennsylvania State University – . È stato abbastanza sorprendente, e anche abbastanza preoccupante”.

I ricercatori temono che i cervi possano fungere da serbatoio per Sars-Cov-2. E, nella peggiore delle ipotesi, che il virus possa evolvere verso una maggiore capacità di evasione immunitaria, per poi tornare agli esseri umani (spillback) come una variante più pericolosa. “La circolazione del virus in una popolazione animale aumenta sempre la possibilità di spillback, ma soprattutto offre maggiori opportunità al virus di evolvere in nuove varianti – ha aggiunto Kuchipudi – .  E quando un virus muta completamente, può sfuggire agli attuali vaccini”.

I cervi non sono gli unici animali che vengono infettati da Sars-Cov-2. Il virus è stato rilevano anche in gatti, cani, furetti, visoni, tigri, leoni, maiali e conigli ma le infezioni nei cervi dalla coda bianca preoccupano gli esperti perché, oltre ad essere altamente vulnerabili alle infezioni, i cervi dalla coda bianca sono particolarmente diffusi negli Stati Uniti e vivono in prossimità degli esseri umani. Per ora, tuttavia, non ci sono prove i cervi selvatici che possano trasmettere il virus all’uomo ma i nuovi dati evidenziano “l’urgente necessità di una sorveglianza completa delle specie animali suscettibili all’infezione per identificare le reti di trasmissione ecologiche e valutare i potenziali rischi di spillback agli umani” hanno concluso i ricercatori.

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