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L’influenza aviaria “salta” dagli uccelli ai mammiferi, quali sono i rischi per l’uomo

Dopo gli orsi grizzly in America e i visoni in Spagna, anche lontre e volpi del Regno Unito sono risultate positive all’influenza aviaria.
A cura di Valeria Aiello
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L’influenza aviaria che, come in passato, continua a essere letale per milioni di volatili, sta minacciando anche i mammiferi, con almeno 200 casi di infezione registrati a livello globale. Dopo gli orsi grizzly in America e i visoni in Spagna, anche alcune volpi e lontre del Regno Unito sono risultate positive al virus aviario altamente patogeno (HPAI) H5N1. I casi sono stati identificati a Durham, Cheshire e Cornovaglia in Inghilterra; a Powys nel Galles; a Shetland, Ebridi Interne e Fife, in Scozia, e sono complessivamente nove da quando è scoppiata l’ultima epidemia, nell’ottobre 2021. L’ultimo caso, in ordine di tempo, è stato registrato nel 2023 e riguarda una volpe rossa.

Le autorità sanitarie dell’Agenzia per la salute degli animali e delle piante (APHA) del Regno Unito ritengono che gli esemplari si siano nutriti di uccelli selvatici infettati dal virus, ma hanno anche scoperto che gli animali avevano una mutazione del virus che potrebbe rendere più facile l’infezione dei mammiferi, sebbene non ci siano prove di trasmissione tra loro. L’APHA ha aggiunto che c’è “una probabilità molto bassa” di qualsiasi infezione diffusa nei mammiferi del Paese.

Un uccello selvatico malato o morto contiene un’enorme quantità di virus. Quindi i mammiferi che predano uccelli morti o malati sono esposti a quantità molto grandi di virus … Ciò offre al virus la possibilità di entrare in una popolazione ospite in cui normalmente non si diffonde – ha affermato alla BBC il professor Ian Brown, direttore dei servizi scientifici dell’APHA, precisando che la task force nazionale sull’influenza aviaria del Regno Unito sta ora intensificando la sorveglianza dei casi nei mammiferi e l’analisi del genoma del virus stesso, tenendo d’occhio la sua diffusione nelle popolazioni globali di uccelli selvatici. “Il virus è assolutamente in marcia. Ed è quasi notevole: è un singolo ceppo” ha aggiunto Brown, precisando la necessità di una maggiore azione internazionale per affrontarne la diffusione.

Dall’ottobre 2021, ci sono stati cinque casi di infezione da virus H5N1 nell’uomo, di cui uno nel Regno Unito e un decesso in Cina, nonostante in molte parti del mondo si sia registrato un gran numero di focolai e infezioni da virus H5N1 nei volatili. Ciò indica che la trasmissione dagli uccelli all’uomo è molto rara e, in genere, richiede un contatto stretto con l’animale infetto. Anche la trasmissione da uomo a uomo è molto rara, pertanto le autorità sanitarie affermano che il rischio per le persone è molto basso.

Ciò non toglie rilevo al monitoraggio, a causa delle capacità evolutive dei virus influenzali. In tal senso, l’Organizzazione Mondiale della Sanità continua a sottolineare “l’importanza della sorveglianza globale per rilevare e monitorare i cambiamenti virologici, epidemiologici e clinici associati ai virus influenzali emergenti o circolanti che possono colpire la salute umana (o animale) e la condivisione tempestiva del virus per la valutazione del rischio”.

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