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L’enorme perdita di metano dai gasdotti Nord Stream rilevata dallo spazio

Il metano fuoriuscito dai gasdotti Nord Stream 1 e 2 è stato rilevato dai satelliti. Finiti in mare fino a 79mila kg di metano ogni ora al quarto giorno.
A cura di Andrea Centini
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La perdita vista dallo spazio. Credit: GHGSat
La perdita vista dallo spazio. Credit: GHGSat

Lunedì 26 settembre sono state rilevate significative perdite di metano dai gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel Mar Baltico, alimentando preoccupazioni per l'impatto ambientale. Al momento non è ancora stata ufficialmente determinata la causa degli incidenti, ma gli esperti ritengono assai probabile che si sia trattato di un vero e proprio atto di sabotaggio con esplosivo, ordito da organi statali. Non a caso i due gasdotti di proprietà della Russia – che rifornivano l'Unione Europea di gas naturale – sono finiti al centro delle sanzioni imposte a seguito della guerra in Ucraina. Anche se al momento del danneggiamento non stavano trasferendo gas, Nord Stream 1 e 2 erano comunque ricchi di metano pressurizzato, che a seguito delle esplosioni si è riversato in mare e in atmosfera in concentrazioni significative. Il flusso di bolle sopra e sotto la superficie del Mar Baltico è stato intercettato anche dai satelliti specializzati nella rilevazione del composto, determinando che a quattro giorni dall'inizio delle perdite finivano in mare ben 79mila chilogrammi di metano ogni ora.

Credit: ESA
Credit: ESA

Le osservazioni dallo spazio sono state condotte dai satelliti radar e a microonde di GHGSat, società incaricata dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA). Come indicato dall'azienda, la perdita dai due gasdotti è stata la più massiccia mai rilevata da GHGSat da una singola fonte. I ricercatori dell'Università di Göteborg sono riusciti a organizzare rapidamente una missione di indagine in loco grazie alla nave da ricerca Skagerak; nei pressi della perdita hanno rilevato livelli di metano mille volte superiori alla norma. In un paio di giorni hanno raccolto fino a 200 campioni di acqua per mappare correttamente le conseguenze degli incidenti. Il metano si discioglie in acqua, ma parte raggiunge la superficie attraverso le bolle e si libera in atmosfera. La preoccupazione maggiore deriva dal fatto che il metano è uno dei principali gas a effetto serra responsabili del cambiamento climatico; dura molto meno dell'anidride carbonica (CO2) in atmosfera, ma ha un potere “riscaldante” sensibilmente superiore. Secondo GHGSat i 79mila chilogrammi rilasciati ogni ora (al quarto giorno) equivalevano a bruciare 90mila chilogrammi di carbone nello stesso arco di tempo.

Credit: ESA
Credit: ESA

Come sottolineato dall'ESA non è facile monitorare le perdite di metano in mare “poiché l'acqua assorbe la maggior parte della luce solare nelle lunghezze d'onda dell'infrarosso a onde corte utilizzate per il telerilevamento del metano”. “Ciò limita la quantità di luce che raggiunge il sensore, rendendo così estremamente difficile misurare le concentrazioni di metano nel mare ad alte latitudini”, ha proseguito l'agenzia spaziale. Ma grazie ai satelliti radar e a microonde di GHGSat è stato possibile ottenere una stima precisa del danno. “Il potere degli strumenti radar a microonde attivi è che possono monitorare le firme della superficie oceanica del metano in gorgogliamento attraverso le nuvole su un'ampia andana e ad un'elevata risoluzione spaziale, superando uno dei principali limiti degli strumenti ottici”, ha dichiarato in un comunicato stampa il dottor Draig Donlon, Scientist for Ocean and Ice dell'ESA.

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Nei momenti di massima perdita il satellite Planet Dove di Planet Labs ha rilevato una perturbazione gorgogliante nel Mar Baltico che misurava dai 500 ai 700 metri. Fortunatamente dopo alcuni giorni l'afflusso di metano si è fermato, come confermato i primi di ottobre anche dal satellite Sentinel-2 della missione Copernicus dell'UE e dal Landsat 8 degli Stati Uniti. Sebbene il rilascio di metano dai gasdotti Nord Stream 1 e 2 sia stato significativo, come specificato dall'ESA “impallidisce rispetto agli 80 milioni di tonnellate emesse ogni anno dall'industria petrolifera e del gas”. In parole semplici, secondo gli esperti il danno ha provocato un'emissione equivalente a un giorno e mezzo delle emissioni antropogeniche di metano nel corso di un anno.

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