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La navetta Orion è appena rientrata dalla Luna, tuffandosi nell’Atlantico: ora (ri)tocca all’uomo

La navetta Orion della NASA è tornata sulla Terra completando con successo la missione Artemis 1, la prima del programma spaziale che ci riporterà sulla Luna.
A cura di Andrea Centini
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Missione compiuta. Alle 18:40 ora italiana di domenica 11 dicembre 2022 la navetta Orion della NASA si è tuffata nell'Oceano Atlantico, completando con successo gli obiettivi della prima, fondamentale missione del programma spaziale Artemis. È un risultato storico, dato che sono state gettate le basi per portare la prima donna e il prossimo uomo sulla Luna a 50 anni dall'Apollo. Artemis 1 è stata infatti una missione dimostrativa priva di equipaggio, durante la quale sono stati raccolti tutti i dati necessari per permettere il ritorno in sicurezza dell'essere umano sulla compagna della Terra.

Il viaggio della navetta Orion, iniziato alle 07:48 ora italiana del 16 novembre con il lancio del gigantesco razzo da 98 metri Space Launch System (SLS), è durato come da programma 25 giorni, 11 ore e 36 minuti, durante i quali ci ha regalato anche diversi magnifici scatti. I più suggestivi sono stati indubbiamente quelli in cui la Terra e la Luna vengono mostrate a assieme, fianco a fianco, mentre si stagliano sul nero e gelido spazio. Nel corso della sua emozionante avventura Orion è diventata il veicolo spaziale destinato al trasporto di astronauti che si è allontanato di più dalla Terra. La navetta si è infatti inserita in una particolare Orbita Retrograda Distante (DRO) che le ha permesso di arrivare a circa 480mila chilometri dal pianeta, 50mila in più rispetto al record toccato mezzo secolo prima dall'Apollo 13, costretta a un rocambolesco ritorno sul pianeta a causa del famigerato guasto al centro dell'iconica frase “Houston, abbiamo un problema”.

Con lo splashdown innanzi alle coste di Messico e California il veicolo spaziale ha superato il momento più critico dell'intera missione Artemis 1, ovvero il rientro in atmosfera alla mostruosa velocità di quasi 40mila chilometri orari (11 chilometri al secondo), durante il quale lo scudo termico ha dovuto sopportare una temperatura infernale di poco meno di 3.000° C. Questa fondamentale componente è costituita principalmente da un materiale chiamato Avcoat (una resina in fibra di vetro già usata per il programma Apollo) che permette di deviare il calore verso l'esterno del veicolo spaziale. In alcuni punti della scudo termico è stato impiegato anche un secondo materiale ultra resistente (in quarzo) chiamato 3DMAT. Un problema allo scudo porterebbe a morte certa l'intero equipaggio, ecco perché il rientro in atmosfera è considerato una delle fasi più delicate delle missioni spaziali. Orion ha superato lo scoglio con successo e ha aperto i suoi ultimi tre paracadute a una velocità superiore ai 200 chilometri orari, per poi tuffarsi nell'Atlantico a 32 chilometri orari. È arrivata in perfetto orario e nell'esatto punto previsto dagli ingegneri della NASA; una precisione pazzesca, considerando la distanza percorsa e le evoluzioni compiute attorno al satellite naturale.

Ora, conclusa Artemis 1, la NASA può davvero iniziare a pianificare le rivoluzionarie missioni umane attorno e sulla Luna. Entro un paio di anni, con Artemis 2, gli astronauti effettueranno una sorta di replica del viaggio appena concluso dalla navetta, orbitando per diversi giorni attorno al satellite naturale. Con Artemis 3, attesa non prima del 2025, ci sarà l'allunaggio vero e proprio. Ma questa volta andremo sulla Luna per restarci, costruire una vera e propria base – secondo la NASA entro il 2030 gli astronauti vivranno e lavoreranno sul satellite – e cominciare a sgombrare il campo per l'obiettivo più ambizioso dell'esplorazione spaziale: la conquista di Marte, che secondo i piani sarà raggiunta entro la metà del prossimo decennio.

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