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In soli 10 anni perso il 43% dei pinguini di Adelia in Antartide orientale: le ragioni del declino

Nel giro di un decennio le colonie di pinguini di Adelia nell’Antartide orientale sono crollate del 43 percento, con una perdita di oltre 150mila esemplari.
A cura di Andrea Centini
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Due giovani pinguini di Adelia. Credit: Louise Emmerson / Australian Antarctic Division
Due giovani pinguini di Adelia. Credit: Louise Emmerson / Australian Antarctic Division

La popolazione di pinguini di Adelia (Pygoscelis adeliae) nell'Antartide orientale ha subito un drastico crollo nell'ultimo decennio, con una riduzione degli esemplari presenti nelle colonie stimata del 43 percento. Il dato è in controtendenza con ciò che si sta verificando in altre aree antartiche, dove le popolazioni di questi splendidi uccelli sono stabili o fortunatamente in crescita. La specie, conosciuta anche come pigoscelide di Adelia, è attualmente classificata come “prossima alla minaccia” (codice NT) nella Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), il principale organo scientifico che si occupa di tutela della biodiversità. Come altri pinguini i pigoscelidi antartici sono esposti agli effetti drammatici dei cambiamenti climatici e all'azione diretta dell'uomo sull'ambiente, tuttavia il crollo della popolazione nei pressi della stazione di ricerca di Mawson sembra essere legato a fenomeni naturali.

Il fenomeno è stato descritto da due scienziati australiani Louise Emmerson e Colin Southwell, entrambi del Dipartimento per i cambiamenti climatici, l'energia, l'ambiente e l'acqua presso l'Australian Antarctic Division di Kingston. I ricercatori hanno determinato che in 52 siti di nidificazione dislocati in 100 chilometri di costa dell'Antartide orientale sono stati persi in tutto ben 154mila pinguini. Un numero enorme che minaccia la tenuta dell'intera popolazione locale. Il fenomeno, secondo gli esperti, è legato a un'insolita formazione di ghiaccio marino estivo tra il 2003 e il 2008, che ha coperto i luoghi di foraggiamento dei pinguini. In parole semplici, dove prima gli adulti potevano tuffarsi per andare a pescare, si è formata una lunghissima distesa di ghiaccio. In alcuni casi c'erano decine di chilometri di “strada” da fare in più. Ciò ha portato alla morte di numerosissimi pulcini, che non potevano più essere alimentati regolarmente dai genitori. I ricercatori ritengono che in alcune stagioni non ne sia sopravvissuto nemmeno uno. “Pensiamo che questo declino della popolazione sia stato inizialmente innescato da cinque anni di estesi ghiacci marini estivi adiacenti alla colonia a metà degli anni 2000, che hanno ostacolato l'accesso alle aree di foraggiamento degli adulti e praticamente nessun pulcino è sopravvissuto”, ha dichiarato la dottoressa Emmerson in un comunicato stampa.

Il calo dei numeri ha avuto un altro effetto negativo a cascata. Meno piccoli significa maggiore facilità di cattura da parte dei predatori, come le foche leopardo, che hanno vita facile con i giovanissimi esemplari alle prese con i primi tuffi nell'Oceano Meridionale. “Ricordo di aver visto i piccoli entrare in acqua per la prima volta e hanno fatto questo strano tipo di nuoto a rana, come se stessero cercando di usare le loro pinne per sollevarsi. È stata un'esperienza completamente nuova per loro. Quando entrano in acqua per la prima volta non sanno nuotare, non mettono in atto comportamenti per evitare i predatori, quindi sono vulnerabili all'essere mangiati dalle foche leopardo e non sono efficienti nel catturare le prede. Sono totalmente all'oscuro del loro ambiente marino e poiché non ci sono adulti ad aiutarli, devono imparare velocemente o non sopravvivono. Quindi, anche se non sappiamo esattamente cosa sta guidando il declino della sopravvivenza nell'area di Mawson, il fatto che ce ne siano meno potrebbe compromettere le loro possibilità di sopravvivenza”, ha spiegato la dottoressa Emmerson.

I ricercatori continueranno a monitorare le colonie con la speranza che possano riprendersi, sebbene oggi, rispetto all'inizio degli anni 2000, una “buona annata” di riproduzione conta circa 80mila pulcini in meno, con tutto ciò che ne consegue. I dettagli della ricerca “Environment-triggered demographic changes cascade and compound to propel a dramatic decline of an Antarctic seabird metapopulation” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Global Change Biology.

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