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Il vaiolo delle scimmie cambia più velocemente del previsto: già accumulate 50 mutazioni

Molte riguardano le proteine virali che interagiscono con il sistema immunitario, il che potrebbe spiegare l’aumento della trasmissibilità.
A cura di Valeria Aiello
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Particelle di virus del vaiolo delle scimmie mature (a sinistra) e immature (a destra) / CDC
Particelle di virus del vaiolo delle scimmie mature (a sinistra) e immature (a destra) / CDC

Il virus responsabile dell’attuale epidemia globale di vaiolo delle scimmie (monkeypox) ha già accumulato circa 50 mutazioni rispetto al ceppo originario, molte di più di quanto ci si sarebbe aspettato per questo genere di virus (orthopoxvirus). Lo indicano i risultati di un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Medicine da un team di ricerca guidato dall’Istituto Nazionale di Salute del Portogallo (INSA) che ha analizzato un totale di 15 sequenze virali, la maggior parte delle quali provenivano da casi registrati nel Paese iberico, compresa la prima sequenza rilasciata pubblicamente il 20 maggio 2022. Dalla sua identificazione agli inizio dello scorso mese, il virus ha già infettato più di 3.500 persone in 48 Paesi al di fuori dall’Africa e, suggeriscono i ricercatori, molte delle mutazioni rilevate riguardano le proteine virali che interagiscono con il sistema immunitario, il che potrebbe spiegare l’aumento della trasmissibilità.

Il vaiolo delle scimmie muta più velocemente del previsto

Essendo un virus a DNA a doppio filamento, il vaiolo delle scimmie è un patogeno molto più efficiente nel correggere gli errori di replicazione rispetto ai virus a RNA, come l’HIV e il virus del Covid-19, il che significa che l’attuale ceppo di vaiolo delle scimmie in circolazione avrebbe dovuto accumulare non più di una o due mutazioni l’anno. Dal momento che lo stesso discende da un patogeno circolato tra il 2018 e il 2019, non avrebbe quindi dovuto presentare più di 5-10 mutazioni aggiuntive. Tuttavia, i ricercatori hanno trovato circa 50 differenze nel genotipo, ovvero un tasso di mutazione dalle 6 alle 12 volte superiore rispetto a quanto atteso.

Gli scienziati portoghesi, guidati dal professor João Paulo Gomes del Dipartimento di Malattie Infettive dell’INSA, hanno inoltre fornito anche prove di continua evoluzione virale e adattamento durante la trasmissione del patogeno da uomo a uomo, confermando che la nuova variante appartiene al clade 3 dell’Africa occidentale, la meno letale, ma discende da un ramo associato ai casi di vaiolo delle scimmie esportati dalla Nigeria nel Regno Unito, Israele e Singapore nel 2018-19, con legami genetici con un grande focolaio scoppiato nel Paese africano nel 2017-2018.

Pertanto, secondo gli studiosi, è probabile che l’attuale epidemia indichi che c’erano una o più importazioni del virus da un’unica origine e che era presente una “circolazione ed evoluzione continua” del virus coinvolto nell’epidemia del 2017-2018 in Nigeria.

Come premesso, molte mutazioni identificate dai ricercatori indicano che possano essere emerse a causa del contatto del virus con il sistema immunitario umano, in particolare una famiglia di enzimi che attacca i virus chiamati APOBEC3, costringendoli a commettere errori durante la replicazione, un’azione che si solito provoca la rottura del virus. Tuttavia, a volte il patogeno sopravvive a questo incontro e raccoglie semplicemente alcune mutazioni nel suo codice genetico, per cui è possibile che questo tipo di fenomeno si sia verificato ripetutamente e abbia indotto il virus ad accumulare molte mutazioni in un breve lasso di tempo, hanno teorizzato i ricercatori.

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