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Il rischio di impatto di asteroidi giganti è peggiore del previsto, secondo uno studio

La frequenza di impatto di asteroidi con un diametro di circa 1 chilometro è molto maggiore di quanto previsto sino ad oggi. Il rischio è stato determinato dall’analisi dei crateri sulla Terra.
A cura di Andrea Centini
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La collisione di asteroidi giganteschi contro la Terra sarebbe molto più frequente di quanto ipotizzato fino ad oggi, aumentando di fatto il rischio di un “inverno da impatto” e gravissimi danni a livello regionale / nazionale. Secondo uno studio presentato all'American Astronomical Society Division of Planetary nel 2003, infatti, la frequenza delle collisioni di corpi celesti con un diametro di circa 1 chilometro è di 1 ogni 600mila anni, tuttavia una recente indagine ha determinato una frequenza molto superiore, pari a un impatto ogni 10mila anni circa. Ciò ha implicazioni significative nella gestione della difesa planetaria, considerando che la prima missione dimostrativa in tal senso, basata sulla sonda DART fatta schiantare contro un “sasso spaziale”, è stata condotta solo alla fine dello scorso anno.

A determinare che l'impatto di asteroidi con un diametro di circa 1 chilometro è sensibilmente più frequente di quanto ritenuto in passato è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi del Goddard Space Flight Center della NASA di Greenbelt (Maryland), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Università dell'Ontario Occidentale (Canada). I ricercatori, coordinati dal dottor J. B. Garvin dell'agenzia aerospaziale americana, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver rivalutato le dimensioni di quattro crateri da impatto formatisi nell'ultimo milione di anni da parte di altrettanti NEO (Near Earth Objects), ovvero oggetti che orbitano nei pressi della Terra. I crateri sono stati analizzati con nuove tecniche di indagine basate su un nuovo modello digitale di elevazione (DEM), elaborato a partire dai dati raccolti attraverso i LIDAR equipaggiati su satelliti (GEDI e ICESat-2) e le immagini commerciali stereo di Planet and Maxar WorldView.

In parole semplici, grazie a questa tecnica più raffinata, il dottor Garvin e i colleghi hanno scoperto che i crateri analizzati sono sensibilmente più grandi di quanto ritenuto in precedenza. Analizzare i bordi di antichi crateri da impatto non è semplice a causa dei processi biologici e geologici in atto sul nostro pianeta, che alterano e modificano continuamente le superficie facendo sparire alcuni dettagli. Grazie al nuovo metodo i ricercatori hanno scoperto che questi crateri sono dalle 2 alle 3 volte più grandi di quanto determinato in passato, con bordi spostati a molti chilometri di distanza. Ciò significa che sono stati provocati da asteroidi più grandi, energetici e distruttivi. Ad esempio, il cratere Zhaminshin in Kazakistan non avrebbe un diametro di 12-14 chilometri, ma di 30 chilometri. Quello di Pantasma recentemente scoperto in America centrale è descritto con un diametro di 14 chilometri, ma con le nuove analisi il bordo esterno del cratere arriverebbe a ben 35 chilometri (con un anello interno centrale di 14,8 km). Il Bosumtwi in Ghana avrebbe invece un diametro di 26,8 chilometri contro i 10,8 chilometri stimati in precedenza, così come l'Itturalde in Bolivia avrebbe un cratere di 30,4 chilometri anziché 10 chilometri.

Queste rivelazioni, tutte relative ad asteroidi caduti entro un milione di anni, suggeriscono che le collisioni di sassi spaziali giganti in grado di innescare un “inverno da impatto” – a causa dei detriti sollevati in atmosfera – sono decisamente più frequenti di quel che si immaginasse. Il rischio, dunque, non è solo di catastrofi a livello regionale o nazionale – un asteroide di 100 metri cancellerebbe New York provocando la morte di milioni di persone – , ma anche globali, proprio a causa dell'inverno da impatto, che farebbe crollare le temperature e provocherebbe la morte di molti organismi vegetali, catalizzando il rischio di carestie senza precedenti e crollo della biodiversità. “I recenti crateri da impatto dei NEO potrebbero essere stati più grandi e più energici di quanto suggeriscono gli studi attualmente pubblicati, a causa della nostra analisi dDEM ad altissima risoluzione”, hanno spiegato gli autori dello studio. “Tali dati topografici consentono di rivalutare il ruolo di tali impatti nella recente storia della Terra e presentano implicazioni per la Difesa planetaria. Gli impatti dei NEO nell'ultimo milione di anni sono superiori rispetto al tasso medio di crateri del Fanerozoico e potrebbero riflettere un aspetto precedentemente non riconosciuto”, hanno concluso gli studiosi. I dettagli della ricerca "Reassedding the past million years of NEO impact cratering on Earth via High Resolution digital topography" sono stati presentati presso la Lunar and Planetary Science Conference 2023.

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