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Il mistero delle piramidi di Giza svelato da un paesaggio perduto migliaia di anni fa

Grazie a un’analisi paleoecologica basata sullo studio di pollini fossilizzati è stato determinato come fu possibile costruire le grandi piramidi egizie.
A cura di Andrea Centini
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Le piramidi presenti nell'altopiano di Giza sono tra i monumenti dell'antichità più affascinanti e ricchi di mistero, soprattutto dal punto di vista della costruzione, essendo opere architettoniche di notevole complessità realizzate migliaia di anni addietro con tecnologie rudimentali. L'imponente Piramide di Cheope (o Grande Piramide di Giza / Khufu) è indubbiamente una delle più sorprendenti; eretta circa 4.500 anni fa, è alta circa 140 metri (all'epoca della costruzione superava i 150 metri) ed è composta da oltre 2,3 milioni blocchi di pietra da 2,5 tonnellate ciascuno. Non a caso è inserita tra le Sette meraviglie dell'Antichità, l'unica rimasta in piedi fino ad oggi, fra l'altro. È un vero prodigio ingegneristico che si pensa sia stato costruito grazie un canale del Nilo chiamato “ramo di Khufu” (oggi scomparso) che permetteva il trasporto della pietra, delle provviste e degli altri materiali su grandi chiatte, fin sull'altopiano di Giza. Ma le prove scientifiche di questo misterioso ramo del grande fiume sono controverse. Ora, grazie a un nuovo studio, gli scienziati hanno fatto nuova luce su come doveva essere il paesaggio perduto dell'altopiano egiziano, determinando con precisione la presenza del canale e le variazioni di profondità nell'arco di 8mila anni.

A determinare la storia fluviale di quest'area dell'antico Egitto è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati francesi dell'Istituto Mediterraneo di Biodiversità ed Ecologia – IMBE delle università di Aix Marseille e di Avignone, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Università Tolosa Jean Jaurès, dell'Università della Franca Contea, dell'East China Normal University (ECNU) di Shanghai, dell'Istituto Nazionale di Ricerca di Astronomia e Geofisica dell'Egitto, dell'Università di Ain Shams del Cairo e di altri centri di ricerca. Gli scienziati, coordinati dal professor Hader Sheisha, docente presso l'Arbois Mediterranean Europole dell'ateneo di Marsiglia, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto un'affascinante analisi paleoecologica. In parole semplici, hanno analizzato i pollini fossilizzati presenti in cinque campioni di carotaggio estratti dalla piana alluvionale attorno al complesso di Giza. In questo modo hanno ottenuto informazioni precise sui tipi di piante da fiore (alcune simili all'erba) che crescevano lungo le sponde del ramo del Nilo, oltre che di quelle palustri presenti nel porto che faceva da hub per il trasporto dei materiali.

Dall'analisi dei pollini nelle carote sono così riusciti a determinare i cambiamenti dei livelli del canale nell'arco di migliaia di anni. “Il ramo di Cheope rimase con acqua elevata (circa il 40 percento del suo massimo nell'Olocene) durante i regni di Cheope, Chefren e Menkaure, facilitando il trasporto di materiali da costruzione al complesso della piramide di Giza”, hanno scritto il professor Sheisha e colleghi nell'articolo. I ricercatori hanno osservato che dopo un periodo umido con livelli d'acqua significativi, a causa dell'intenso soleggiamento l'Africa orientale è andata incontro a una graduale aridificazione, che ha coinvolto anche i paesaggi alluvionali di Giza. I livelli più bassi del Nilo sono stati osservati alla fine del periodo dinastico. I dettagli della ricerca “Nile waterscapes facilitated the construction of the Giza pyramids during the 3rd millennium BCE” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica PNAS.

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