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I polpi si rifugiano sempre più spesso nei rifiuti che inquinano i fondali marini

Lo rileva un team di ricerca internazionale che ha analizzato centinaia di immagini subacquee, rilevando un aumento del fenomeno tra il 2018 e il 2021.
A cura di Valeria Aiello
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Alcuni polpi che si rifugiano nei rifiuti marini / Credit: a-b: John Paul Meillon; c: Serge Abourjeily; d: Claudio Sampaio; e: Caio Salles; f: Edmar Bastos
Alcuni polpi che si rifugiano nei rifiuti marini / Credit: a-b: John Paul Meillon; c: Serge Abourjeily; d: Claudio Sampaio; e: Caio Salles; f: Edmar Bastos

I rifiuti che inquinano mari ed oceani sono diventati così onnipresenti nei fondali del Pianeta che sempre più spesso i polpi li utilizzano per nascondersi e difendersi dai predatori. Lo rivela un team di ricerca internazionale in uno studio pubblicato sul Marine Pollution Bulletin, il primo ad aver valutato e caratterizzato sistematicamente l’utilizzo di rifiuti da parte dei polpi analizzando centinaia di foto e video subacquei pubblicati su piattaforme social, database di immagini o raccolte da biologi marini e gruppi di interesse subacqueo.

Il team, coordinato dagli studiosi dell’Istituto di Oceanografia dell’Università Federale di Rio Grande, in Brasile, in collaborazione con il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, ha documentato 24 specie di polpi che si rifugiano all’interno di rifiuti di vario genere, dalle bottiglie di vetro alle lattine e che, sempre più frequentemente, anziché nascondersi all’interno di conchiglie e coralli, si rifugiano sotto a barattoli, cumuli di tappi e persino una batteria fortemente degradata, considerata un “tipo di detriti altamente inquinante”.

Come notano i ricercatori, nelle aree in cui troppe conchiglie sono state raccolte dagli umani, i polpi di tutte le età sono stati costretti ad adattarsi a questi rifugi artificiali per sopravvivere, il che ha reso i rifiuti un’alternativa alle forme naturali di protezione. “Tuttavia – avvertono gli autori dello studio – , dietro ogni possibile effetto positivo, l’uso dei rifiuti come rifugio può anche avere conseguenze dannose e indirette” in quanto alcuni detriti potrebbero esporre i polpi a sostanze chimiche tossiche o metalli pesanti, così come a danni fisici causati da superfici taglienti e spigoli vivi.

I ricercatori hanno anche notato che alcune specie, come il polpo pigmeo dell’Atlantico sud-occidentale (Paroctopus cthulu), sono state osservate ripararsi solo ed esclusivamente all’interno dei rifiuti, e non ci sono registrazioni ufficiali dell’utilizzo da parte di tali specie di conchiglie o altri ripari naturali, probabilmente a causa della scarsità di queste risorse nel loro habitat. Il polpo pigmeo, in particolare, sfrutta principalmente lattine di birra, come quelle che vengono regolarmente gettate in mare dalle barche turistiche, e quando gli operatori  ripuliscono i fondali dai rifiuti marini, spesso non si rendono conto che nelle lattine che stanno raccogliendo si nascondono questi polpi. Gli studiosi hanno inoltre rilevato che anche i polpi che vivono nei fondali del Mediterraneo utilizzano rifiuti marini, sebbene la maggior parte delle interazioni polpo/rifiuti sia stata osservata nei bacini dell’Asia tra il 2018 e il 2021.

L’incremento del fenomeno, che potrebbe essere dovuto al fatto che le fotografie e i video subacquei sono diventati più facili da realizzare, potrebbe anche essere un chiaro segnale che il problema dei rifiuti marini sta peggiorando. In termini numerici, è emerso che “gli oggetti di vetro erano presenti nel 41,6% delle interazioni e la plastica nel 24,7%” hanno evidenziato i ricercatori che, in considerazione dell’aumento delle interazioni sostengono la necessità di ulteriori approfondimenti. “Le informazioni del nostro studio – hanno concluso – sono fondamentali per aiutare a prevenire e mitigare gli impatti dei rifiuti sui polpi e identificare le carenze nella conoscenza di questo argomento”.

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