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Ha gravi crisi di vomito per 2 anni consecutivi: medici scoprono legame con la cannabis

Una giovane si è presentata al pronto soccorso per 2 anni consecutivi con vomito, nausea e dolori addominali. Solo dopo aver scoperto che consumava cannabis i medici hanno fatto la diagnosi corretta. Ecco di cosa soffriva.
A cura di Andrea Centini
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Per due anni consecutivi una ragazza statunitense si è presentata ogni mese al pronto soccorso della sua città con violente crisi di vomito, accompagnate da nausea e dolori addominali. I medici l'hanno curata con diversi trattamenti ma non hanno osservato i benefici sperati; solo quando hanno scoperto che era un'assidua consumatrice di cannabis – dopo un esame delle urine – sono riusciti a fare una diagnosi precisa, ovvero quella di una sindrome da iperemesi da cannabinoidi o CHS. È una condizione che si caratterizza proprio per i significativi problemi gastrointestinali, innescati dai principi attivi della marijuana. Quando la ragazza ha smesso di consumarla, sotto il controllo di un esperto, le crisi di vomito sono scomparse per due mesi, ma sono riapparse non appena è tornata a fare uso della sostanza stupefacente.

Il peculiare caso della paziente di 23 anni è stato seguito e descritto dai medici del Dipartimento di Medicina Interna del Piedmont Athens Regional Medical Center di Athens, una città di circa 200mila abitanti nel nord della Georgia. Come spiegato, la giovane ha iniziato a recarsi con costanza presso il centro medico per via della nausea e delle violente crisi di emesi (vomito). Poiché la giovane soffriva di diabete mellito 1 cronicizzato e non controllato, i medici hanno inizialmente immaginato che soffrisse di gastroparesi diabetica, una serie di disturbi gastrointestinali legati a cibo parzialmente digerito che colpisce le persone affette da diabete. È stata sottoposta a svuotamento gastrico e tomografia computerizzata addominale per verificare se vi fossero altre condizioni sottostanti, ma gli esami sono risultati tutti negativi. Nonostante la terapia con farmaci procinetici per trattare la presunta gastroparesi, la ragazza non è migliorata. Ha infatti continuato a presentarsi con regolarità al pronto soccorso a causa delle crisi.

La svolta c'è stata a seguito di un esame delle urine, grazie al quale è stata scoperta la presenza di cannabis. La giovane, durante la successiva anamnesi, ha confermato di esserne un'assidua consumatrice, facendone uso per cinque giorni su sette durante la settimana, in alte dosi e da molto tempo. C'è stato un dettaglio sibillino ha fatto capire ai medici quale fosse la fonte del suo problema. La ragazza, infatti, ha detto che trovava parziale giovamento contro le crisi solo grazie lunghi bagni caldi, che erano in grado di attenuare i sintomi. In letteratura medica è noto che chi soffre di sindrome da iperemesi da cannabinoidi si sente meglio proprio con i bagni caldi. Così, dopo aver confermato la diagnosi anche per la ventitreenne, la paziente è stata avviata a una consulenza con un esperto per interrompere il consumo della sostanza. Durante due mesi di astinenza è diventata completamente asintomatica, segno che erano proprio i principi attivi della cannabis a provocarle i disturbi. Come spiegato dall'American Nurse Journal, l'eziologia della sindrome non è pienamente compresa e si pensa possano essere coinvolti tetraidrocannabinolo (THC), cannabidiolo (CBD) e cannabigerolo (CBG), sebbene il  CBD in assenza di THC "non è stato collegato alla CHS".

Non a caso, come la giovane ha ripreso a consumare la sostanza stupefacente, le crisi di vomito e le altre condizioni gastrointestinali si sono ripresentate. I medici guidati dai dottori Raissa Nana Sede Mbakop e Dominic Amakye sottolineano che è fondamentale “raccogliere un'anamnesi farmacologica completa in tutti i pazienti, compresi i pazienti con diabete di tipo 1”, aggiungendo che l'uso di cannabinoidi può scatenare la sintomatologia vissuta dalla ragazza. I dettagli del peculiare caso clinico sono riportati nello studio “Cannabinoid Hyperemesis Syndrome in a 23-Year-Old Woman with Uncontrolled Type 1 Diabetes Mellitus” pubblicato sulla rivista scientifica American Journal of Case Reports.

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