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Gelato o patatine? A decidere di cosa hai più voglia è la tua flora intestinale

Lo hanno dimostrato i ricercatori dell’Università di Pittsburgh, in Pennsylvania, che per la prima volta hanno fornito una prova scientifica di come il microbioma intestinale sia responsabile di cosa scegliamo di mangiare.
A cura di Valeria Aiello
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Ogni giorno ciascuno di noi prende decisioni su cosa mangiare, ma queste scelte potrebbero non essere completamente nostre. Lo hanno dimostrato i ricercatori dell’Università di Pittsburgh, in Pennsylvania, che per la prima volta hanno fornito una prova scientifica di come, a influenzare le nostre scelte alimentari, siano i batteri che vivono nel nostro intestino, o meglio la composizione della nostra flora intestinale. “Tutti abbiamo delle preferenze, come se sentissimo il bisogno di mangiare un’insalata piuttosto che una bistecca” ha affermato Kevin Kohl, assistente professore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pittsburgh e coautore dello studio che ha permesso di provare che i microbi intestinali possono dirottare le nostre decisioni. “Diverse composizioni del microbioma – ha aggiunto Kohlpossono determinare un tipo di dieta differente”.

L’ipotesi di un ruolo attivo nella scelta degli alimenti da parte della flora intestinale non è nuova agli scienziati che, nonostante decenni di speculazioni, non erano mai riusciti a verificarla in animali più grandi di un moscerino della frutta. Per esplorare la questione, il professor Kohl e il suo allievo e ricercatore Brian Trevelline hanno somministrato a tre gruppi di topi privi di microbi intestinali un cocktail di microrganismi provenienti da tre diverse specie di roditori selvatici con diete naturali molto differenti, osservando che i topi di ogni gruppo sceglievano cibi ricchi di nutrienti molto diversi, a conferma che il loro microbioma aveva cambiato la loro dieta preferita.

I risultati del lavoro, appena pubblicati su PNAS, hanno chiarito che nonostante l’idea di un microbioma in grado di influenzare le proprie preferenze alimentari possa sembrare inverosimile, i microbi presenti nell’intestino producono sostanze che stimolano il desiderio di determinati cibi. Ed essendo l’intestino in costante comunicazione con il nostro cervello, queste stesse molecole vanno ad influenzare le nostre scelte, dirottandole verso i nutrienti di cui hanno bisogno.

In altre parole, alcuni sottoprodotti della digestione possono segnalare al cervello che, ad esempio, abbiamo mangiato abbastanza, oppure che alcuni cibi sono più necessari di altri. Una di queste molecole è il triptofano, un amminoacido essenziale che, chiunque abbia schiacciato un pisolino dopo un pasto a base di tacchino, conosce molto bene.

Il triptofano – ha spiegato Trevelline – è presente nel tacchino, ma è anche prodotto dai microbi intestinali. Quando arriva al cervello, si trasforma in serotonina, che è un segnale importante per sentirsi sazi dopo un pasto, e alla fine viene convertito in melatonina, per cui ci si sente assonnati”.

Nello studio, Trevelline e Kohl hanno anche dimostrato che i topi con microbiomi diversi avevano differenti livelli di triptofano nel sangue, anche prima che fosse data loro la a possibilità di scegliere diete diverse, e quelli con livelli di triptofano più elevati avevano anche più batteri che potevano produrlo nel loro intestino. “Il triptofano è solo un filo di una complicata rete di comunicazione chimica – ha concluso Trevelline – . Ci sono probabilmente dozzine di segnali che influenzano il nostro comportamento alimentare su base giornaliera”.

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