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Finalmente sappiamo qual è l’effetto degli spuntini di mezzanotte

Lo ha scoperto un team di ricerca del Brigham and Women’s Hospital della Harvard Medical School, analizzando i meccanismi biologici che si instaurano quando mangiamo troppo tardi.
A cura di Valeria Aiello
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Oltre a stare attenti a cosa mangiamo, è importante fare attenzione all’orario dei pasti. Diverse ricerche hanno infatti mostrato che agli spuntini di mezzanotte è associato a un aumento del rischio di obesità, un accrescimento del grasso corporeo e una riduzione del successo nella perdita di peso. Ma perché? A fare luce sui meccanismi biologici che si instaurano quando mangiamo troppo tardi è un team di ricerca del Brigham and Women’s Hospital di Boston, nel Massachusetts, il secondo più grande ospedale universitario della Harvard Medical School, che ha studiato in modo completo gli effetti di un’alimentazione tardiva sui tre principali attori nella regolazione del peso corporeo e quindi del rischio di obesità: regolazione dell’apporto calorico, il numero di calorie bruciate e i cambiamenti molecolari nel tessuto adiposo.

L’effetto degli spuntini di mezzanotte

L’indagine, appena pubblicata sulla rivista scientifica Cell Metabolism, ha evidenziato che i pasti consumati fino a quattro ore dopo fanno una differenza significativa sul nostro livello di fame, sul modo in cui bruciamo le calorie e su come immagazziniamo il grasso. Per lo studio, i ricercatori hanno seguito 16 pazienti con un indice di massa corporea (BMI) nel range di sovrappeso o obesità, che hanno completato ciascuno due protocolli di laboratorio: uno con un programma di pasti anticipati e l’altro con gli stessi identici pasti, ma programmati circa quattro ore dopo nel corso della giornata.

Nelle ultime due o tre settimane, prima di iniziare ogni protocollo, i partecipanti hanno mantenuto orari fissi di sonno e veglia e, negli ultimi tre giorni prima di entrare in laboratorio, hanno seguito rigorosamente diete e orari dei pasti identici a casa. Una volta intrapreso lo studio, hanno regolarmente documentato la loro fame e il loro appetito, fornito frequenti piccoli campioni di sangue durante il giorno e misurato la temperatura corporea e il loro dispendio energetico. Il tutto, hanno spiegato gli studiosi, per valutare come l’orario dei pasti andasse a influenzare i percorsi molecolari coinvolti nell’adipogenesi.

I risultati della ricerca hanno rivelato che mangiare più tardi ha avuto effetti profondi sulla fame e sugli ormoni che regolano l’appetito (leptina e grelina), che influenzano la nostra voglia di mangiare. In particolare, i ricercatori hanno rilevato che i livelli dell’ormone leptina, che segnala la sazietà, sono diminuiti nelle 24 ore nella condizione di alimentazione tardiva rispetto ai pasti anticipati. Oltre a ciò, quando i partecipanti hanno seguito il programma di pasti tardivi, hanno anche bruciato calorie a un ritmo più lento, mostrando un’espressione genica del tessuto adiposo orientata verso una maggiore adipogenesi e una diminuzione della lipolisi, che nel complesso promuovono la crescita del grasso.

Il nostro studio – ha affermato Frank Scheer, autore senior e direttore del programma di cronobiologia medica nella Divisione del sonno e dei disturbi circadiani del Brigham and Women’s Hospital –  mostra chiaramente l’impatto di un’alimentazione tardiva. Abbiamo isolato questi effetti, controllando variabili confondenti come l’assunzione calorica, l’attività fisica, il sonno e l’esposizione alla luce, ma nella vita reale, molti di questi fattori possono essere essi stessi influenzati dall’orario dei pasti. Negli studi su scala più ampia, in cui non è possibile un controllo rigoroso di tutti questi fattori, dobbiamo almeno considerare come altre variabili comportamentali e ambientali alterino questi percorsi biologici alla base del rischio di obesità”.

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