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Entro il 2030 potremo vivere e lavorare sulla Luna, secondo la NASA

Howard Hu, lo scienziato della NASA responsabile dei veicoli lunari Orion, ha affermato che entro la fine del decennio potremo vivere e lavorare sul satellite.
A cura di Andrea Centini
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Base lunare. Credit: NASA
Base lunare. Credit: NASA

Secondo la NASA entro la fine del decennio l'essere umano potrà vivere e lavorare a lungo sulla Luna. Potrebbe sembrare fantascienza, ma lo storico lancio della missione Artemis 1 del 26 novembre non solo getterà le fondamenta per portare la prima donna e il prossimo uomo sul satellite naturale – a 50 anni dall'Apollo 17 che concluse il celebre programma spaziale – ma spalancherà le porte a un nuovo modo di esplorare lo spazio. La Luna, infatti, rappresenta il trampolino di lancio ideale per arrivare su Marte, principalmente per il fatto che ‘sganciarsi' dalla sua attrazione gravitazionale costa molto meno che farlo dalla Terra, in termini di propellente (che potrebbe essere recuperato in loco) ma anche di peso trasportabile. Non c'è da stupirsi che in futuro potrebbero partire direttamente dalla Luna molteplici missioni nel cuore del Sistema solare – magari anche per prelevare risorse da qualche asteroide – e perché no, anche oltre. Per questo la compagna della Terra sarà colonizzata e diventerà un vero e proprio luogo dove vivere e lavorare.

Ad annunciare in una intervista alla BBC la futura “conquista” della Luna è stato il dottor Howard Hu, a capo del programma di veicoli spaziali Orion della NASA. “È il primo passo che stiamo compiendo verso l'esplorazione dello spazio profondo a lungo termine, non solo per gli Stati Uniti, ma per il mondo”, ha affermato lo scienziato riferendosi al lancio di Artemis 1. “Penso che questo sia un giorno storico per la NASA, ma è anche un giorno storico per tutte le persone che amano il volo spaziale umano e l'esplorazione dello spazio profondo. Voglio dire, stiamo tornando sulla Luna, stiamo lavorando per un programma sostenibile e questo è il veicolo che trasporterà le persone che ci riporteranno di nuovo sulla Luna”, ha chiosato Hu. Il piano – ha concluso – è quello di far vivere e lavorare le persone sul satellite entro il decennio. Non prima naturalmente di aver dimostrato la sicurezza della navetta Orion, che proprio ieri ha compiuto uno spettacolare fly-by a meno di 130 chilometri dalla superficie lunare, una manovra che permetterà l'inserimento nella peculiare orbita Distant Retrograde Orbits (DRO) previsto per venerdì 25 novembre.

Se tutti i dati raccolti durante il sorvolo della Luna saranno positivi e lo spettacolare rientro nell'atmosfera terrestre a oltre 34mila chilometri orari – previsto per l'11 dicembre – dimostrerà di essere sicuro, la NASA inizierà subito a lavorare ad Artemis 2, che porterà un equipaggio umano in orbita attorno alla Luna nel 2024. Se anche questo test andrà a buon fine nel 2025 ci sarà lo storico allunaggio, la pietra miliare per la colonizzazione della Luna. L'obiettivo iniziale è restare una settimana sulla superficie lunare per dimostrare la presenza di acqua nei pressi del Polo Sud, dove è stata già rilevata diverse volte dalle analisi delle sonde.

Credit: JAXA
Credit: JAXA

Qualora venisse confermata, quell'acqua diventerebbe il propellente per i razzi che ci permetteranno di raggiungere Marte e altri luoghi del Sistema solare. “Invieremo le persone in superficie e vivranno su quella superficie e faranno scienza”, ha dichiarato il dottor Hu. “Sarà davvero molto importante per noi imparare oltre la nostra orbita terrestre e poi fare un grande passo quando andremo su Marte. Le missioni Artemis ci consentono di avere una piattaforma e un sistema di trasporto sostenibili che ci consentono di imparare come operare in quell'ambiente dello spazio profondo”, ha aggiunto Hu. Nel futuro si può dunque immaginare una presenza umana costante sulla Luna di ingegneri e scienziati (e perché no, anche delle loro famiglie), che vivono in colonie magari costruite da robot automatizzati. Non resta che attendere il rientro di Artemis 1, una missione dimostrativa senza equipaggio, per tornare a sognare come alla fine degli anni '60 per il programma Apollo. Stavolta non sarà solo una prova di forza tra superpotenze, ma un vero e proprio cambio di paradigma nell'esplorazione spaziale.

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