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È iniziato il Festival di Yulin in Cina: fino a 10mila cani saranno massacrati in pochi giorni

Anche quest’anno migliaia di cani saranno massacrati al Festival di Yulin in Cina. Aumenta la consapevolezza, ma il sangue continua a lordare le strade.
A cura di Andrea Centini
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Come ogni anno anche nel 2022 in concomitanza col solstizio d'estate ha avuto inizio una delle usanze più crudeli legate allo sfruttamento degli animali, il Festival di Yulin in Cina (o Lychee and Dog Meat Festival), durante il quale migliaia di cani vengono maltrattati e uccisi in modo brutale. Rinchiusi in gabbie striminzite e sovraffollate, colpiti a bastonate e macellati, bolliti, scuoiati e saltati in padella ancora vivi, innanzi agli occhi terrorizzati dei compagni in attesa del proprio turno. Sono solo alcuni degli orrori che si consumano in questa manifestazione, che seppur ridimensionata rispetto agli anni passati, continua a trasudare di sangue, lamenti di dolore straziante e morte. Anche in barba alle leggi vigenti, che commercianti senza scrupoli continuano ad aggirare per incrementare il profitto.

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Basti pensare che circa 400 cani di diverse razze sono stati appena salvati dalla polizia da questa fine atroce, a seguito di una provvidenziale segnalazione da parte degli attivisti animalisti. Gli animali erano tenuti in condizioni disumane all'interno di un camion, ammassati gli uni sugli altri in gabbie minuscole. Moltissimi erano in un precario stato di salute. Le autorità, che oggi monitorano molto più attentamente il festival, sono intervenute per il potenziale rischio epidemiologico; i cani sono stati sequestrati e tradotti in quarantena. Quest'ultimo è un passaggio obbligatorio per tutti gli esemplari che finiscono loro malgrado macellati, ma molti commercianti non lo rispettano. Chi li deteneva camion nel camion ha rinunciato alla “proprietà” degli animali; forse alcuni saranno riconsegnati ai legittimi proprietari. Gli attivisti ritengono infatti che si tratti di cani da guardia o da compagnia rapiti da aziende e abitazioni private. Il rapimento è infatti una prassi consolidata per i criminali che rivendono i cani destinati a questa e altre manifestazioni legate al consumo di carne.

Il festival di Yulin rappresenta infatti solo la punta dell'iceberg del Dog Meat Trade in Cina e in Asia. Se al famigerato festival nella Regione Autonoma dello Guangxi Zhuang vengono uccisi tra i 5 e i 10mila animali (numeri delle ultime edizioni ridimensionate), la stima è di circa 30 milioni di cani massacrati ogni anno in vari Paesi dell'Asia, tra Cina, Laos, Vietnam, Cambogia e altri. Nella sola Cina sono oltre 10 milioni gli esemplari uccisi, con un picco di consumi in estate. Ma questa “tradizione culinaria” è sempre più avversa agli stessi cinesi, portata avanti da gruppi senza scrupoli interessati solo a riempirsi le tasche. Nel 2020 il Ministero dell'agricoltura e degli affari rurali cinese ha dichiarato che i cani non sono “bestiame” da destinare all'alimentazione umana, ma piuttosto animali da compagnia. Diverse città cinesi come le metropoli di Shenzen e Zhuhai hanno introdotto il divieto di consumare la carne di cane e di gatto, inoltre in diversi sondaggi la stragrande maggioranza dei cittadini afferma di non mangiare questi animali. “Il consumo di carne di cane è guidato dall'offerta, guidato dai commercianti, non guidato dai consumatori. Il massacro di cani a Yulin è di natura commerciale, non culturale”, ha dichiarato al Guardian Peter Li della Humane Society International, associazione impegnata in prima linea nella tutela dei diritti delle persone e degli animali.

Sebbene una riduzione dell'interesse verso questi macabri festival è iniziata spontaneamente alcuni anni addietro, un durissimo colpo è stato assestato con la pandemia di COVID-19, che ha determinato chiusure e forti restrizioni per i cosiddetti wet market, i mercati umidi dove gli animali (domestici e selvatici) vengono ammassati vivi, macellati e consegnati ai clienti. È proprio attraverso lo scambio di fluidi corporei e all'esposizione ad animali infetti che si innesca lo spillover (il salto di specie da animale all'uomo) di virus responsabili di malattie zoonotiche. Non a caso si ritiene che la pandemia di COVID-19 sia iniziata proprio in un wet market cinese. L'aumentata consapevolezza delle persone ha portato a un ulteriore calo dei consumi di carne lavorata in simili contesti. Inoltre, come raccontato dall'attivista Davide Acito a Fanpage, a ostacolare il consumo vi è anche il costo della carne di cane, che è incrementato da circa 4 a 7 euro al chilo. Ma sono anche aumentate le cliniche veterinarie, segnale di un effettivo cambio di mentalità in atto nella popolazione cinese.

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Nonostante questi progressi e l'impegno degli attivisti di tutto il mondo, che ogni anno salvano la vita a moltissimi cani destinati al macello, il festival di Yulin è ancora una cruda realtà e molte associazioni internazionali si stanno battendo per la definitiva chiusura. La loro iniziativa è sostenuta anche dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dall’Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE) e dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), che lo scorso anno in una dichiarazione congiunta hanno richiesto lo stop alla vendita di animali vivi – in particolar modo dei mammiferi – nei mercati umidi. La condanna degli attivisti, inoltre, non si ferma ai soli orrori consumati in Asia, ma è globale: dal massacro dei cetacei alle Faroe al Festival di Gadhimai in Nepal, passando per gli allevamenti intensivi dell'industria zootecnica, dove i diritti e la dignità degli animali vengono spesso schiacciati in nome del profitto. Sebbene le immagini siano dolorose e agghiaccianti, mostrare la sofferenza degli animali è importante per aumentare la consapevolezza e fare in modo che venga messa la parola fine a queste atrocità. In tutto il mondo. Non dobbiamo infatti indignarci solo per i cani, ma per tutte le specie sfruttate dall'uomo.

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