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Di cosa parliamo quando diciamo che una persona è bipolare

Cosa significa bipolarismo? E come riconoscere chi soffre di questo disturbo mentale? Ecco cosa c’è da sapere quando si parla di bipolarismo e disturbi dell’umore.
A cura di Valeria Aiello
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illustrazione grafica del disturbo bipolare / Itl.cat
illustrazione grafica del disturbo bipolare / Itl.cat

Cosa significa che una persona è bipolare? E come riconoscere chi soffre di questo tipo di disturbo? Dopo il caso dell’ambulante nigeriano Alika Ogorchukwu ucciso per strada a Civitanova Marche dal 32enne salernitano Filippo Ferlazzo, e la terribile storia di Giacomo Seydou Sy, nipote del famoso attore Kim Rossi Stuart, sono in tanti a chiedersi cosa sia il bipolarismo e cosa realmente si intenda quando si parla di disturbo bipolare, una sindrome psichiatrica classificata come disturbo dell’umore e caratterizzata da episodi di mania e depressione, che possono alternarsi, nonostante molti pazienti abbiano una predominanza verso l’una o l’altra condizione. Questo disturbo, in passato definito anche come sindrome maniaco depressiva o depressione bipolare, è infatti caratterizzato da anomali cambiamenti dell’umore, ma anche dell’energia e del livello di attività svolta nell’arco della giornata. Come spiegato dagli esperti, si tratta di una patologia psichiatrica particolarmente complessa nonché di uno dei disturbi mentali con il più alto indice di ereditarietà, contraddistinta da un andamento cronico con esordio che avviene generalmente durante l’adolescenza o verso i 20-30 anni. La prevalenza di questo disturbo, secondo le stime del National Institute of Mental Health (NIMH), l’Agenzia federale per la ricerca sui disturbi mentali dei National Institute of Health (NIH) degli Stati Uniti, è pari al 2,8% nell’ultimo anno, sebbene i dati mostrino che circa il 4,4% degli adulti statunitensi abbia sofferto di episodi di bipolarismo in qualche momento della propria vita. Ad oggi, l’esatta causa di questo disturbo non è stato completamente chiarito ma, come detto, a giocare un importante ruolo possono essere alcuni fattori ereditari, nonché il livello di cambiamenti nel livello di neurotrasmettitori e i fattori psicosociali.

Cos’è il disturbo bipolare

Come premesso, il bipolarismo è un disturbo mentale che determina cambiamenti insoliti di umore, energia, livelli di attività e concentrazione, con ripercussioni sullo svolgimento delle attività quotidiane. Nella quinta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5-TR), lo strumento tassonomico e diagnostico pubblicato dall’American Psychiatric Association, il capitolo specifico dei disturbi bipolari classifica la patologia in diverse forme di disturbo, tra cui:

  • il disturbo bipolare di tipo I, definito dalla presenza di almeno un episodio maniacale (ovvero, che interrompa la normale funzione sociale e professionale) e solitamente episodi depressivi. L’incidenza è all’incirca uguale negli uomini e nelle donne;
  • il disturbo bipolare di tipo II, definito dalla presenza di episodi di depressione maggiore con almeno un episodio ipomaniacale, ma non veri e propri episodi maniacali L’incidenza di tale condizione è leggermente più elevata nelle donne.

Sono definiti disturbi bipolari anche il disturbo ciclotimico (chiamato anche ciclotimia e caratterizzato da periodi ipomaniacali e mini-depressivi che durano solo pochi giorni, seguiti da un decorso fluttuante e meno grave rispetto al disturbo bipolare), il disturbo bipolare indotto da farmaci (come alcuni antidepressivi), droghe (cocaina e anfetamine) e alcol, e il disturbo bipolare non altrimenti specificato, caratterizzato da caratteristiche bipolari evidenti che non soddisfano i criteri specifici per uno degli altri disturbi bipolari.

Come riconoscere il disturbo bipolare

Le persone con disturbo bipolare sperimentano periodi di emozioni insolitamente intense, cambiamenti nei modelli di sonno, nei livelli di attività e comportamenti insoliti, spesso senza riconoscere i probabili effetti dannosi o indesiderati. In gergo medico, questi periodi distinti sono chiamati “episodi d’umore” e sono molto diversi dagli stati d’animo e dai comportamenti tipici della persona. Durante un episodio, i sintomi persistono per la maggior parte della giornata e possono anche durare anche per periodi più lunghi, come diversi giorni o settimane.

Il disturbo bipolare, spiegano i manuali MSD, comincia con una fase acuta dei sintomi, seguita da una ripetizione di remissioni e recidive. Le remissioni sono spesso complete, ma molti pazienti hanno sintomi residui, e per alcuni, la capacità di lavorare è gravemente compromessa. Le recidive sono episodi distinti di sintomi più intensi, che possono essere maniacali, depressivi, ipomaniacali, o una miscela di caratteristiche depressive e maniacali. Tali episodi durano da poche settimane a 3-6 mesi e, in genere, quelli depressivi sono più lunghi dei maniacali o ipomaniacali. La durata dei cicli (ovvero il tempo tra l’inizio di un episodio e l’inizio del successivo), variano da paziente a paziente: alcuni hanno episodi frequenti, altri solo pochi nel corso della vita, mentre altri ancora hanno forme di disturbo con cicli rapidi (solitamente definiti come 4 o più episodi l’anno). Solo una minoranza dei pazienti alterna tra mania e depressione a ogni ciclo, mentre nella maggior parte dei casi, gli episodi di mania o depressione predominano uno sull’altro.

Entrambe le fasi possono essere molto pericolose: nelle fasi depressive il pericolo maggiore si associa ai comportamenti suicidiari, come evidenziato dall’incidenza di suicidio nell’arco della vita dei pazienti che soffrono di questo disturbo, stimato come almeno 15 volte  superiore a quello della popolazione generale. Nelle fasi maniacali, dove il tono dell’umore porta spesso al rifiuto delle terapie, il paziente bipolare può mettere in atto comportamenti rischiosi (come andare forte in auto, abusare di sostanze, avere comportamenti sessuali disinibiti, mettendo in pericolo se stessi e gli altri. Gli episodi ipomaniacali sono invece una forma meno estrema di mania, che includono un episodio distinto di durata pari o maggiore ai 4 giorni con comportamento nettamente differente dall’abituale e tre o più sintomi di mania, come autostima ipertrofica o grandiosità, ridotto bisogno di sonno, maggiore loquacità del solito, accelerazione dl pensione, distraibilità e coinvolgimento eccessivo in attività con alto potenziale di conseguenze negative.

Diagnosi e cura del disturbo bipolare

La diagnosi di disturbo bipolare si basa sull’identificazione dei sintomi, più un’anamnesi positiva per remissione e recidiva. Il trattamento del disturbo si basa su terapie farmacologiche a base di stabilizzatori dell’umore (per esempio litio e alcuni anticonvulsivanti, in particolare valproato, carbamazepina e lamotrigina) da soli o in associazione con un antipsicotico di seconda generazione (ad esempio aripiprazolo, lurasidone, olanzapina, quetiapina, risperidone, ziprasidone, cariprazina), oltre a supporto e psicoterapia.

Il trattamento avviene solitamente in tre fasi, acuta (per stabilizzare e controllare le manifestazioni iniziali), continuazione (per raggiungere la remissione completa) e mantenimento e prevenzione per la gestione dei pazienti in remissione.

La scelta della terapia farmacologica per il disturbo bipolare può rivelarsi complessa, perché tutti i farmaci hanno effetti avversi significativi, le interazioni tra farmaci sono frequenti e nessun medicinale è universalmente efficace. La selezione deve essere dunque basata su ciò che è già stato efficace e ben tollerato in un dato paziente. Altri trattamenti includono la terapia elettroconvulsivante, la stimolazione magnetica transcranica e la fototerapia, talvolta utilizzate nel trattamento dei sintomi depressivi ed efficaci, nel caso della terapia elettroconvulsivante, anche sulla mania.

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