Cos’è il congelamento degli ovuli, a che età è consigliato e quali sono i rischi

Per una donna che desidera avere un figlio ma che è costretta a posticipare la gravidanza o rischia di perdere la propria fertilità, ad esempio a causa della chemioterapia per trattare un cancro, il congelamento degli ovuli – o criopreservazione degli ovociti – è considerata una tecnica preziosa per continuare a coltivare il sogno di diventare madri. In parole molto semplici, essa implica l'estrazione, il congelamento e la conservazione degli ovociti in stato criogenico, che in una fase successiva – su base totalmente volontaria – verranno scongelati, fecondati con lo sperma del partner (o di un donatore anonimo) e trasferiti nell'utero sotto forma di embrioni, con la speranza che possano attecchire e innescare una gravidanza. Come spiegato dall'Istituto Humanitas, la tecnica ha visto un vero e proprio boom di richieste da quando è stata introdotta la vetrificazione, una procedura che riduce gli ovociti a uno stadio simile al vetro e che abbatte i danni alle microstrutture degli ovuli dovute alle precedenti tecniche di congelamento. Ecco tutto quello che c'è da sapere sulla criopreservazione degli ovociti.
Chi richiede il congelamento degli ovuli
Benché comunemente si ritenga che la criopreservazione degli ovuli venga richiesta per ragioni di studio e carriera, una ricerca condotta dall'antropologa Marcia Inhorn dell’Università di Yale ha dimostrato che la maggior parte delle donne si sottopone al trattamento perché al momento della richiesta non ha un partner o una relazione stabile. Nell'indagine l'85 percento delle donne coinvolte ha dichiarato che non aveva un compagno, quando ha fatto la richiesta di congelamento. Un'altra delle ragioni comuni di richiesta è la necessità di preservare gli ovociti da un trattamento medico come la chemioterapia o la radioterapia, che essendo altamente tossiche per gli ovuli possono distruggerli del tutto o lasciarne in vita pochissimi. Le ragioni per richiedere la criopreservazione sono molteplici e spaziano dai fattori sociali a condizioni mediche. In alcuni casi ci sono anche motivazioni religiose.
La terapia ormonale e il prelievo
Quando una donna decide di congelare i propri ovociti viene sottoposta a un trattamento ormonale iniziale che spinge le ovaie a far maturare più ovuli. Uno degli ormoni utilizzati è l'agonista dell'ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH). Come spiegato dall'Instituto Bernabeu che esegue il congelamento, il programma di stimolazione dura dagli 8 ai 10 giorni e prevede alcune ecografie per valutare la risposta delle ovaie al fine di ottimizzare (eventualmente) la terapia ormonale. L'istituto spiega che sebbene non ci sia un'età migliore per sottoporsi alla criopreservazione, si consiglia di farlo entro i 35 anni, poiché al di sotto di questa età è possibile ottenere più ovociti di buona qualità (oltre i 35 anni si riducono le percentuali di ovociti buoni). L'istituto Humanitas spiega che nelle donne con meno di 35 anni in genere si porta avanti la criopreservazione di 10 – 12 ovociti, mentre per le over 35 si arriva a circa 20 "per una ragionevole possibilità di gravidanza". Una volta raggiunta la maturazione desiderata degli ovuli, la donna viene sottoposta a un piccolo intervento della durata di un quarto d'ora, con leggera sedazione, durante il quale viene effettuato un prelievo transvaginale. Durante la procedura non si sperimenta dolore.
Come si esegue il congelamento degli ovociti
Una volta estratti, gli ovociti possono essere sottoposti a differenti metodi di raffreddamento, dei quali il più moderno, rapido ed efficace è considerato la vetrificazione (o vitrificazione), come indicato nello studio “A critical appraisal of cryopreservation (slow cooling versus vitrification) of human oocytes and embryos”. Ivitalia spiega che grazie alla vetrificazione “non si formano cristalli di ghiaccio che possono danneggiare l’ovulo”, inoltre “il 97 percento circa sopravvive al processo”. È molto più delle procedure tradizionali. Una volta vetrificati gli ovociti vengono trattati con sostanze crioprotettrici e immersi in nitrogeno liquido a una temperatura di circa – 200° C. Una volta congelati gli ovociti non si danneggiano col passare degli anni, dunque possono essere conservati per tutto il tempo che si desidera. Tuttavia ci sono dei limiti di età alla quale possono essere fecondati e introdotti come embrioni nella fecondazione assistita. In Spagna, uno dei Paesi a cui molte donne si rivolgono, tale limite è di 51 anni. Quando una donna che ha congelato gli ovuli decide di tentare la gravidanza, assieme al medico viene scelto il periodo migliore del ciclo per la procedura di inserimento / annidamento. La fecondazione può avvenire attraverso lo sperma del partner oppure di un donatore anonimo della banca del seme. In molti casi si utilizza una procedura nota come "iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo" (Intracytoplasmatic Sperm Injection – ICSI), nella quale un esperto inietta uno spermatozoo direttamente in un ovulo per catalizzare le probabilità di fecondazione. L'istituto Bernabeu spiega che gli embrioni non trasferiti possono essere congelati a loro volta e impiantati in un secondo momento.
Le probabilità di gravidanza
In uno studio condotto in Belgio e citato dall'Istituto Humanitas le donne che si erano sottoposte al trattamento avevano un'età media di 36 anni e sono tornate per l'impianto attorno ai 42 anni. Il successo di gravidanza è stato del 33 percento. Maggiore era l'età in cui avevano eseguito la criopreservazione, minori erano le probabilità che restassero incinte. Lo studio "Age-specific probability of live birth with oocyte cryopreservation: an individual patient data meta-analysis" condotto su oltre 2mila donne sottoposte al trattamento ha rilevato che le probabilità di avere un parto era del 31,5 percento per le donne che avevano congelato gli ovuli a 25 anni; del 25,9 percento all'età di 30 anni; del 19,3 percento all'età di 35 anni; e del 14,8 percento all'età di 40 anni. Diversi studi hanno evidenziato che i bambini nati attraverso questa tecnica e quelli nati naturalmente hanno un livello paragonabile di difetti congeniti (alla nascita).
I rischi del congelamento degli ovociti
I rischi del congelamento degli ovociti sono principalmente legati alla terapia ormonale per favorire la maturazione degli ovuli e alla procedura di estrazione. Il rischio principale (raro) è la sindrome da iper stimolazione ovarica o OHSS, che normalmente è lieve ma può essere anche severa e richiedere il ricovero. Si manifesta generalmente con nausea, gonfiore e dolore addominale, ma possono comparire anche ridotta produzione di urina, vomito, disidratazione e raramente altre condizioni più serie. L'istituto Humanitas spiega che la stimolazione ovarica può comportare una lieve ritenzione idrica e "modesto dolore in sede annessiale". Il prelievo transvaginale può invece comportare sanguinamento e infezioni.