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Cambiamenti climatici

Coprire le piste di neve artificiale ha un impatto ambientale enorme: consumi da grande città

La neve artificiale è diventata fondamentale per permettere turismo e sport in montagna, ma l’impatto ambientale a causa dei consumi energetici e di acqua è paragonabile a quello di una grande città.
A cura di Andrea Centini
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Un cannone "sparaneve" in azione. Credit: pixabay
Un cannone "sparaneve" in azione. Credit: pixabay
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I cambiamenti climatici sono intimamente connessi alle emissioni di CO2 (anidride carbonica) e altri gas a effetto serra derivati dalle attività umane, come la produzione di energia, i trasporti e molti altri settori, strategici e non. Se l'impatto ambientale delle centrali a carbone, delle grandi petroliere o dei vetusti parchi di mezzi stradali risulta immediatamente evidente, nell'ottica della “cruda” immissione di carbonio in atmosfera, per altre realtà potrebbe non esserlo, anche se i numeri coinvolti risultano significativi. Tra gli esempi più emblematici vi è la produzione della neve artificiale, divenuta sempre più importante per garantire l'afflusso turistico sulle montagne e lo svolgimento degli sport invernali. Basti ricordare che l'Olimpiade di Pechino 2022 è stata la prima nella storia a fare affidamento al 100 percento di neve artificiale. Una soluzione cui si è dovuto ricorrere proprio perché di vera neve ne cade sempre meno e le temperature medie più elevate in montagna – dove il riscaldamento globale colpisce molto duramente – fanno sciogliere il manto bianco molto prima del previsto, o non lo fanno proprio attecchire. Nel 2100 soltanto una città che ha già ospitato le Olimpiadi invernali sarà in grado di rifarlo "naturalmente", secondo la previsione di uno studio guidato dall'Università di Waterloo. La neve continua a latitare sulle nostre montagne – come evidenziato sia dal CNR che da recenti immagini satellitari – e anche nel 2023 sarà necessario fare ricorso al massiccio uso di neve artificiale, per permettere attività economiche e sportive. Dunque, qual è l'effettivo impatto ambientale del surrogato della neve reale?

Per questo calcolo è possibile fare riferimento a uno specifico report della Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi (CIPRA) citato da un documento del WWF e al dossier “Nevediversa” di Legambiente pubblicato nel 2019. Per rifornire di neve artificiale i 23.800 ettari di piste innevabili sull'arco alpino è stato determinato un consumo energetico complessivo di ben 600 Gwh (gigawattora), che corrisponde “al consumo annuo di energia elettrica di 130.000 famiglie di quattro persone”, come specificato dal CIPRA. In pratica, per innevare le piste da sci e permettere ai turisti di divertirsi con gli sport invernali – e agli atleti di allenarsi e gareggiare – si consuma quanto una città da mezzo milione di abitanti per un anno (Genova, ad esempio, ne ha 560mila). Una delle ragioni per cui la neve artificiale è così energivora risiede nei numerosi e potenti macchinari per trasformare l'acqua liquida in metri cubi di neve, dalle torri di raffreddamento dell'acqua ai generatori di neve, passando per i classici cannoni sparaneve. Senza dimenticare i trasporti legati alla logistica.

Ma l'impatto ambientale non si limita solo all'enorme consumo di energia elettrica, che si riflette in una significativa immissione di carbonio (essendo principalmente ancorata a fonti fossili). Anche il consumo di acqua dolce, il bene più prezioso che abbiamo sulla Terra e al quale dobbiamo la vita, è stratosferico. Come spiegato dal dossier Alpi del WWF, con 1 metro cubo di acqua si possono produrre mediamente dai 2 a 2,5 metri cubi di neve artificiale (ogni metro cubo pesa 350 chilogrammi, contro i 70 – 1000 di 1 metro cubo di neve naturale). La CIPRA ha calcolato che occorrono almeno 1000 metri cubi di acqua per l'innevamento di base di una pista da sci di 1 ettaro, con costi ancora maggiori per gli strati successivi. Il dossier di Legambiente ha infatti evidenziato che servono fino a 20.000 metri cubi d'acqua per innevare con i cannoni sparaneve una pista da sci di medie di dimensioni, lunga poco più di 1,5 chilometri. Per coprire i circa 24mila ettari di piste innevabili alpine di neve artificiale, la commissione ha determinato che servono invece 95 milioni di metri cubi di acqua, pari al consumo idrico di una grande città da 1,5 milioni di abitanti (per un anno intero). Il comune di Milano ha meno di 1,4 milioni di abitanti. Ma queste cifre possono variare sensibilmente in base alle circostanze e alla geografia. Ad esempio, è stato calcolato che per coprire di neve artificiale gli 800mila metri quadrati di superficie delle aree destinate alle gare olimpiche di Pechino sono stati consumati ben 180 milioni di litri d'acqua.

Infine, va ricordato che al significativo consumo energetico e idrico della neve artificiale va aggiunto anche il potenziale impatto sugli ecosistemi, dato che può contenere additivi inquinanti per la flora e la fauna presenti sulle montagne, sempre più minacciate dai cambiamenti climatici. Molte specie si stanno trasferendo sempre più in alto a causa dello spostamento di quota dello zero termico, ma prima o poi la montagna finirà e per molte di esse significherà estinzione. Per proteggere il pianeta e al contempo continuare a godere delle attività invernali (senza arrecare ulteriori danni all'ambiente) sarebbe opportuno dare un taglio drastico e rapido all'uso di combustibili fossili, abbracciando in toto le fonti rinnovabili. Come spiegato dagli scienziati, è doveroso fare tutto il necessario per contenere l'aumento della temperatura media a non oltre 1,5° C di riscaldamento rispetto all'epoca preindustriale, per evitare le conseguenze più catastrofiche e irreversibili dell'emergenza climatica.

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