1.560 CONDIVISIONI
Covid 19

Anticorpi Covid spariti nel 36% dei non vaccinati a un anno dal contagio, esperti: “Fate il vaccino”

L’immunità legata al vaccino Covid è migliore e più duratura di quella innescata dall’infezione naturale. Nei non vaccinati positivi oltre 1/3 perde anticorpi.
A cura di Andrea Centini
1.560 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Oltre un terzo delle persone che hanno contratto la COVID-19 e che non sono vaccinate contro il coronavirus SARS-CoV-2 a un anno dell'infezione non ha più anticorpi rilevabili. D'altro canto, la scomparsa degli anticorpi avviene soltanto soltanto nel 2,1 percento dei vaccinati a un anno dal completamento del ciclo vaccinale. In altri termini, l'immunità anticorpale risulta sensibilmente più duratura in chi ha ricevuto il vaccino anti Covid rispetto ai guariti non vaccinati, pertanto gli scienziati raccomandano a chi è stato infettato e non si è sottoposto al vaccino di provvedere al più presto. A maggior ragione in questa fase della pandemia, in cui circolano sottovarianti di Omicron altamente elusive e trasmissibili, a causa del significativo numero di mutazioni sulla proteina S o Spike, il “gancio” biologico che permette al virus di legarsi alle cellule umane, invaderle e avviare l'infezione.

A determinare che gli anticorpi rilevabili restano più a lungo nei vaccinati rispetto ai non vaccinati contagiati è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Centro di ricerca biomedica nella rete delle malattie infettive (CIBERINFEC), dell'Università Pompeu Fabra (UPF), del Genomes for Life-GCAT lab, dell'Università di Medicina di Vienna (Austria) e di altri istituti. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Marianna Karachaliou, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto analisi sierologiche su campioni di sangue di oltre mille adulti (tra i 43 e i 72 anni) di una coorte catalana legata allo studio COVICAT. Nello specifico, sono andati a caccia dei livelli delle immunoglobuline IgM, IgA e IgG (gli anticorpi neutralizzanti) rispetto agli antigeni della proteina S e del nucleocapside del SARS-CoV-2. Le analisi sono state condotte tra giugno e novembre del 2020 e una seconda volta tra maggio e luglio del 2021.

Incrociando tutti i dati è emerso che, a un anno dall'infezione, gli anticorpi non erano più rilevabili nel 35,8 percento dei non vaccinati infettati, mentre nei vaccinati la sieroreversione si era verificata solo nel 2,1 percento dei casi (mai contagiati). I livelli di anticorpi più alti e duraturi sono stati rilevati invece nei vaccinati che erano stati contagiati dal coronavirus. I vaccini in grado di fornire anticorpi più persistenti ed elevati erano quelli a mRNA, ovvero il Comirnaty di Pfizer-BioNTech e lo Spikevax di Moderna, con quest'ultimo in grado di garantire i risultati migliori in assoluto. Incrociando i dati sierologici con quelli delle cartelle cliniche è emerso che il calo degli anticorpi si registrava maggiormente nelle persone con più di 60 anni, nei fumatori e in coloro che soffrivano di malattie mentali. Quest'ultima una categoria nota per avere risposte alla vaccinazione meno efficienti della popolazione generale.

“I nostri dati evidenziano l'importanza di vaccinare le persone anche se sono state precedentemente contagiate e confermano che l'immunità ibrida è superiore e più duratura”, ha chiosato la professoressa Karachaliou. I dettagli della ricerca “SARS-CoV-2 infection, vaccination, and antibody response trajectories in adults: a cohort study in Catalonia” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica BMC medicine.

1.560 CONDIVISIONI
32800 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views