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In Italia quasi tre cittadini su 10 sono a rischio povertà: è allarme nel Mezzogiorno

“Il Mezzogiorno resta l’area territoriale più esposta al rischio di povertà o esclusione sociale (44,4%), seppur in diminuzione rispetto al 2016 (46,9%). Le famiglie con cinque o più componenti, pur registrando un miglioramento, si confermano le più vulnerabili al rischio di povertà o esclusione sociale (42,7%; era il 43,7% nel 2016)”, spiega l’Istat.
A cura di Charlotte Matteini
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Quasi tre italiani su dieci sono a rischio povertà in Italia. L'ultimo rapporto diffuso stamane da Istat evidenzia che nel 2017 il 28,9% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o di esclusione sociale, in miglioramento rispetto al 2016 (30,0%). "Nel 2016, in base ai risultati dell’indagine Eu-Silc del 2017, il reddito netto medio annuo per famiglia, esclusi gli affitti figurativi, è pari a 30.595 euro, circa 2.550 euro mensili (+2,0% in termini nominali e +2,1% in termini di potere d’acquisto rispetto al 2015; nel 2016 la variazione dei prezzi al consumo è stata pari a -0,1%)", scrive l'Istituto nazionale di statistica.

"Risulta pressoché stabile al 20,3% la percentuale di individui a rischio di povertà mentre si riducono sensibilmente i soggetti che vivono in famiglie gravemente deprivate (10,1% da 12,1%), come pure coloro che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (11,8%, da 12,8%). Il Mezzogiorno resta l’area territoriale più esposta al rischio di povertà o esclusione sociale (44,4%), seppur in diminuzione rispetto al 2016 (46,9%). Le famiglie con cinque o più componenti, pur registrando un miglioramento, si confermano le più vulnerabili al rischio di povertà o esclusione sociale (42,7%; era il 43,7% nel 2016)".

"La crescita interessa tutte le fasce di reddito ma è più accentuata nel quinto di famiglie meno abbienti, dopo il marcato calo del 2015. Al netto degli affitti figurativi, si stima quindi che il rapporto tra il reddito equivalente totale del 20% più ricco e quello del 20% più povero si sia ridotto da 6,3 a 5,9, pur rimanendo al di sopra dei livelli pre-crisi (nel 2007 era 5,2)" e "metà delle famiglie residenti in Italia percepisce un reddito netto non superiore a 25.091 euro l’anno (circa 2.090 euro al mese; +2,3% rispetto al 2015). Il reddito mediano cresce in tutte le ripartizioni: da +0,6% del Nord-ovest a +3,9% del Nord-est", evidenzia il rapporto.

"L’aliquota media del prelievo fiscale sul reddito familiare è pari al 19,4%, stabile rispetto al 2015. Le famiglie sostenute da un solo percettore con reddito prevalente da lavoro autonomo riportano, lungo tutta la distribuzione dei redditi, aliquote medie fiscali inferiori rispetto alle restanti strutture di reddito familiare. Il costo del lavoro dipendente risulta in media pari a 32.154 euro annui, sostanzialmente stabile rispetto al 2015. Il cuneo fiscale e contributivo è pari al 45,7% del costo del lavoro, in lieve calo rispetto agli anni precedenti (46,0% nel 2015, 46,2% nel 2014). Nel 2016 il lavoro dipendente rappresenta in media la fonte di reddito individuale con il livello più elevato: 17.370 euro circa, contro una media di 15.460 euro per il lavoro autonomo e poco oltre 14.665 euro per i redditi di natura pensionistica".

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