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In Italia il 23% della popolazione è a rischio povertà: gravi diseguaglianze soprattutto al Sud

Nel 2016 i redditi delle famiglie italiane sono cresciuti del 3,5% dopo 10 anni di caduta ininterrotta. Nel paese, però, permangono forti disegueglianze economiche e sociali e secondo un recente rapporto della Banca d’Italia, quasi una persona su quattro (il 23% della platea totale) è a rischio povertà. Una quota così elevata di rischio povertà non di registrava dalla fine degli anni ’80.
A cura di Charlotte Matteini
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I dati diffusi questa mattina dalla Banca d'Italia raccontano un Paese profondamente spaccato dalle diseguaglianze. Per quanto concerne la povertà, secondo Bankitalia in Italia quasi una persona su quattro (il 23% della platea totale) è a rischio povertà. Una quota così elevata di rischio povertà non di registrava dalla fine degli anni ’80. Secondo l’indagine della Banca d’Italia, nel 2016 “la quota di persone a rischio di povertà è salita al 23%, un livello molto elevato” e il più alto dal 1989, anno di inizio delle serie storiche dello studio. Il rischio di povertà “è più elevato per le famiglie con capofamiglia più giovane, meno istruito, nato all’estero, e per le famiglie residenti nel Mezzogiorno. Tra il 2006 e il 2016 è diminuito solo tra le famiglie con capofamiglia pensionato o con oltre 65 anni”. Proseguendo, il rapporto di Bankitalia analizza il reddito medio delle famiglie italiane, che sarebbe tornato a crescere dop0 10 anni consecutivi di diminuzione, ma nonostante ciò nel Paese permangono gravi diseguaglianze. Nel 2016 il reddito equivalente medio è cresciuto del 3,5% rispetto al 2014, anno dell'ultima indagine di via Nazionale, ma è rimasto però “ancora inferiore dell’11% rispetto al picco raggiunto nel 2006”.

Come anticipato, è però aumentata "la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi che, misurata dall’indice di Gini, è tornata in prossimità dei livelli prevalenti alla fine degli anni novanta del secolo scorso. È aumentata anche la quota di individui a rischio di povertà, definiti come quelli che dispongono di un reddito equivalente inferiore al 60 per cento di quello mediano. L’incidenza di questa condizione, che interessa perlopiù le famiglie giovani, del Mezzogiorno o dei nati all’estero, è salita al 23 per cento, un livello molto elevato. La ricchezza netta media e quella mediana sono diminuite del 5 e 9 per cento a prezzi costanti. Come in passato, il calo ha riflesso quasi interamente la caduta dei prezzi delle case. La quota di famiglie indebitate ha continuato a ridursi, al 21 per cento; il valore mediano del rapporto tra l’ammontare complessivo dei debiti familiari e il reddito è sceso al 63 per cento, dal picco dell’80 registrato nel 2012", spiega il rapporto Bankitalia.

"Alla fine del 2016 le famiglie italiane disponevano in media di una ricchezza netta, costituita dalla somma delle attività reali e delle attività finanziarie al netto delle passività finanziarie, di circa 206.000 euro (218.000 euro nel 2014). Il valore mediano, che separa la metà più povera delle famiglie dalla metà più ricca, era significativamente inferiore (126.000 euro, da 138.000 euro nel 2014), riflettendo la forte asimmetria della distribuzione", spiega via Nazionale.

Infine, per quanto riguarda la distribuzione della ricchezza, "la quota di ricchezza netta detenuta dal 30 per cento più povero delle famiglie, in media pari a circa 6.500 euro, è l’1 per cento; tre quarti di queste famiglie sono anche a rischio di povertà. Il 30 per cento più ricco delle famiglie, di cui solo poco più di un decimo è a rischio di povertà, detiene invece circa il 75 per cento del patrimonio netto complessivamente rilevato, con una ricchezza netta media pari a 510.000 euro. Oltre il 40 per cento di questa quota è detenuta dal 5 per cento più ricco, che ha un patrimonio netto in media pari a 1,3 milioni di euro". 

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