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Il racket del “caro estinto” di Napoli: coinvolti medici e dipendenti pompe funebri

Accusate di associazione a delinquere, falso in atto pubblico e corruzione 45 persone che gravitano intorno al mondo delle pompe funebri. Coinvolti medici legali, dipendenti dei cimiteri e gestori delle imprese funebri.
A cura di Susanna Picone
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A Napoli accusate di associazione a delinquere, falso in atto pubblico e corruzione 45 persone che gravitano intorno al mondo delle pompe funebri. Coinvolti medici legali, dipendenti dei cimiteri e gestori delle imprese funebri.

Sono ben 45 le persone raggiunte questa mattina da un’ordinanza cautelare eseguita dalla squadra mobile della Questura di Napoli che riguardano il cosiddetto racket del “caro estinto”. Si tratta, infatti, di medici legali, di dipendenti cimiteriali, di titolari e operai delle imprese funebri, tutti accomunati da reati relativi alla gestione dei servizi funebri. L’inchiesta, coordinata dalla Sezione Reati contro la Pubblica Amministrazione della Procura di Napoli, dispone la custodia cautelare in carcere per tre persone, gli arresti domiciliari per altri 15 e l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria per i rimanenti 27 accusati. Le accuse mosse alle 45 persone coinvolte nel racket delle pompe funebri toccano diversi reati, dall’associazione a delinquere al falso in atto pubblico e alla corruzione.

Diversi filoni di indagini, ovunque corruzione e mazzette – Le indagini che hanno portato alle ordinanze cautelari di oggi partirono nel 2009, quando furono segnalate le prime avvisaglie di un sistema di corruzione esistente tra coloro che gravitano in questo campo: giravano mazzette tra il personale dei cimiteri, gli infermieri negli ospedali e i vari gestori delle imprese funebri. Per quanto riguarda i medici coinvolti, è stato dimostrato che alcuni incaricati di constatare i decessi, per intascare altri compensi, redigevano il certificato necroscopico sotto indicazione degli addetti alle imprese funebri. Allo stesso tempo c’erano gli infermieri pronti ad avvisare l’impresa funebre di turno nel momento in cui in paziente moriva o ancora altre “abitudini” eseguite sotto lauto – illegale – compenso. Le imprese funebri coinvolte contabilizzavano poi tutte queste somme illegalmente elargite a carico dei congiunti delle persone decedute, alla voce generica delle spese cimiteriali.

Quanto guadagnavano i medici col business del caro estinto – Si trattava più o meno di una somma che oscillava tra i 30 e i 50 euro quella guadagnata dai medici che accettavano di redigere certificati di morte senza aver prima esaminato da vicino le salme ma “accontentandosi” di quanto gli veniva detto al telefono dagli impresari delle pompe funebri. Dalle intercettazioni telefoniche venute fuori nell’inchiesta emergono le conversazioni, si parla dei “favori”, dei soldi ancora non ricevuti e dei falsi certificati, che avvenivano tra il personale medico oggi arrestato e gli impresari delle pompe funebri. La conversazione, per esempio, tra uno dei medici, oggi ai domiciliari, e l’impresario: “Rimasi un poco male per quel fatto, perché voi lo sapete, vi voglio bene come un fratello, non me lo meritavo quel fatto là, avete capito a cosa mi riferisco?”. Presto detto, il dottore non aveva ancora ricevuto “niente, ma proprio niente” per la sua prestazione, ma non c’è nessun problema: “Se girando passate per l’ufficio, regoliamo”, asserisce l’impresario.

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